Sacerdote

 

di Aurelio Porfiri

 

In un recente articolo su The Catholic Thing, Anthony Esolen ha detto una cosa importante: “Mi vengono in mente due rimedi parziali per il clericalismo. Entrambi sono paradossali. Uno è essere un solitario. “Non è bene che l’uomo sia solo”, dice Dio, prima che crei Eva per essere un aiuto per Adamo. Siamo fatti per l’amicizia. Ma deve esserci anche un giusto ordinamento di amicizie. Aristotele disse che era un amico del suo insegnante Platone, ma un più grande amico della verità. Gesù spesso si ritirava dalla folla e persino dai suoi amici, per pregare più intimamente il Padre. Per cose così imperfette come noi, una resistenza alla facile socievolezza, persino una difficoltà a stringere amicizia, può proteggerci dall’urgenza di appartenere. La burocrazia è unta con modi socievoli. Abbiamo bisogno di quella barra d’acciaio del non sociale per fermare i suoi ingranaggi. Il secondo rimedio è la legge. Non intendo la severità della punizione. Ciò deve dipendere dal paziente e dalla malattia. Intendo la legge come baluardo contro le tentazioni dell’empatia e del sociale. La legge mantiene il club onesto. Non è la legge del club, la legge solitamente non scritta, come ho già detto, che fa parte della vita del club e che gli consente di realizzare le cose. È la legge al di fuori del club, a cui il club si sottomette” (mia traduzione). Forse l’aderenza ad una legge esterna non è così semplice in ambienti così chiusi in se stessi, come quelli clericali. Ma il fatto di coltivare una certa solitudine è un consiglio importante.

Come mi ha detto un famoso scrittore di fede cattolica, se vuoi conservare la fede stai alla larga da ambienti cattolici. E per chi li deve frequentare, è bene dotarsi di anticorpi. Ovviamente ci sono tante brave persone in perfetta buona fede, che si spendono anima e corpo per quello in cui credono. Ma spesso, prima o poi, i meccanismi perversi si mettono in moto e tu rimani intrappolato in una strategia clericalista che non puoi, o non sai, controllare.

Anch’io mi sono trovato nelle condizioni di dover chiedere aiuto a membri del clero per alcune cose che desideravo si compissero nella mia vita. Mi sono reso conto, che se non fai parte di certi circoli, anche persone che ti conoscono da anni e anni non sono così disposte ad aiutarti. Tu pensi che sia importante la conoscenza personale e la fiducia personale per poter ottenere qualche forma di sostegno per alcuni tuoi progetti, ma non è proprio così. Quello che conta veramente, è appartenere ad un certo mondo. Per favore, non vi scandalizzate: non sto facendo l’elogio della raccomandazione. Ma dobbiamo essere anche onesti, non c’è nulla di male nella raccomandazione quando può aiutare alcune persone meritevoli a raggiungere certe posizioni che altrimenti non avrebbero potuto raggiungere perché non conosciute. Come diceva Maurizio Costanzo, la raccomandazione significa dare a una persona la possibilità di avere una bicicletta, ma poi è la persona stessa che deve dimostrare di saper pedalare. Se non sai pedalare, non c’è raccomandazione che tenga. Quanti artisti, scienziati, inventori, hanno avuto la possibilità di fare quello che hanno fatto perché c’è stato qualcuno che ha creduto in loro e che li ha proposti all’attenzione di qualcun altro. Ma il problema spesso, con il clericalismo, è che non viene aiutato chi è meritevole, ma chi si mostra più servizievole, più sottomesso, o perlomeno pretende di esserlo.

Ecco allora che conviene tenersi in disparte e cercare il necessario, avere disprezzo per le cose di questo mondo ed accettare che possiamo arrivare fino ad un certo punto, poi dobbiamo abbandonarci alla volontà di Dio anche se non la capiamo, se ci sembra ingiusta. Sappiamo che non è ingiusta, è solo emanazione di una volontà superiore.

 

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