Il vescovo emerito di Hong Kong, card. Zen, in un articolo postato sul suo sito veb, ha criticato duramente l’ultimo “documento pastorale” vaticano indirizzato alla Chiesa cinese, nel quale si spiega perché i sacerdoti dovrebbero registrarsi presso il governo comunista. Il cardinale Joseph Zen ha presentato nove punti critici a Papa Francesco e al cardinale Pietro Parolin in un recente viaggio a Roma, il 1° luglio. Tali punti illustrano le sue preoccupazioni sul documento.
“Si firma un testo contro la fede e si dichiara che l’intenzione è di favorire il bene della comunità, un’evangelizzazione più adeguata, la gestione responsabile dei beni della Chiesa. Questa norma generale è ovviamente contro ogni principio di moralità. Se accettata giustificherebbe l’apostasia“, ha dichiarato il Cardinale nelle sue critiche che sono state pubblicate sul suo sito web.
“La speranza dei suoi redattori forse è che la minoranza compatita morirà di morte naturale. Con questa minoranza intendo non solo i sacerdoti clandestini,(…) ma anche molti fratelli nella comunità ufficiale che con grande tenacia hanno lavorato per un cambiamento, sperando di essere sostenuti dalla Santa Sede, ma vengono invece incoraggiati ad accettare la sottomissione al governo.“, ha affermato nella parte finale della sua critica al documento pastorale.
Il cardinale Zen, scrive Bree A. Dail, è stato profondamente coinvolto nelle recenti proteste che contrastano l’imposizione da parte dello Stato cinese di leggi di estradizione a Hong Kong. Molti ritengono che queste leggi continuerebbero la metodica acquisizione dell’ex colonia britannica, che ora agisce come una “Regione con amministrazione speciale” indipendente. La sua assenza, tuttavia, è stata notata nelle recenti proteste. Nella sua dichiarazione, rilasciata questa mattina, Sua Eminenza ha spiegato che cosa lo ha spinto a rimanere in silenzio fino a questa settimana.
Bree A. Dail riporta quanto scritto dal card. Zen: “La sera del 28 giugno, ho ricevuto notizia (che) che la Santa Sede (aveva emesso l’ultimo documento pastorale per la Chiesa in Cina). Come vescovo e cardinale, non posso accettarlo in silenzio. Devo sollevare i miei dubbi. È stato (a questo scopo) che la sera del 29 [giugno] sono salito a bordo di un aereo [in partenza] per Roma”.
Continua il card. Zen: “A mezzogiorno di domenica 30 giugno, ho consegnato una lettera al Papa, alla guardia di sicurezza di Casa di Santa Marta (la residenza papale) chiedendo al Papa di lasciarmi discutere (insieme all’autore della dichiarazione) il documento dinanzi a lui. Non avendo ricevuto risposta entro le 16:00 di lunedì (1 luglio), ho scritto un’altra lettera al segretario privato del Papa, dove ho anche allegato il mio “dubia”. Il segretario ha confermato che la mia lettera iniziale inviata al Papa era stata ricevuta”.
Il cardinale Zen, continua Bree A. Dail, finalmente riceve una risposta dall’ufficio della Segreteria di Stato, la sera di martedì 2 luglio. Sua Eminenza [il card. Zen] viene informata da un funzionario che “il Papa ha detto che la mia domanda poteva essere discussa con la Segreteria di Stato. Ho detto: “Allora è (una questione persa). Non ho assolutamente nessuna fiducia che l’incontro con lui (il cardinale Parolin) abbia un qualche impatto”.
Mercoledì sera, però, il cardinale Zen riceve l’invito di Papa Francesco di cenare con lui e con il cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano.
Scrive: “È scortese discutere a cena. Abbiamo parlato (solo) della situazione a Hong Kong. Per quanto riguarda il documento pastorale e la mia dichiarazione, ne ho parlato al Papa solo negli ultimi minuti. Il Papa ha detto più volte: ‘Presterò attenzione a questo tema’. Questa è l’unica frase che ho riportato al mio popolo. Avevo anche consegnato il mio ‘dubia’ al segretario di Stato, di cui non ha detto nulla durante la cena”.
Come detto più sopra, il cardinale Zen commenta, criticandole, in nove punti le linee guida sino-vaticane. Le potete leggere integramente più sotto. Evidenzio solo gli ultimi passaggi:
“Infine, si raccomanda a tutti di discernere la volontà di Dio con ‘pazienza e umiltà’. Ma io mi domando: è andata a farsi benedire la fermezza nella fede?
Poi dice che ‘il cammino presente è segnato pure da tante speranze, nonostante le difficoltà’. A me pare, invece, che i fatti distruggano ogni fondamento di speranza umana. In quanto a speranza in Dio, essa non può mai essere disgiunta dalla sincera volontà di voler anche soffrire secondo la Sua volontà.
Questo documento ha rovesciato in modo radicale ciò che è normale e ciò che è anormale, ciò che è doveroso e ciò che è da compatire”.
Zen conclude le sue critiche con la seguente esortazione: “Che il Signore non permetta il compimento di questi desideri, di chi vuole la morte della vera fede nella mia cara patria. Signore, pietà!“.
Ecco la traduzione in italiano delle nove critiche presentate dal cardinale Joseph Zen di Hong Kong a papa Francesco. La traduzione in inglese, italiano e cinese si trova sul sito web del card. Zen.
“Dubia” del Cardinale Zen sugli Orientamenti pastorali della Santa Sede circa la registrazione civile del clero in Cina
Anzitutto sembra strano che un documento assai importante venga emanato dalla “Santa Sede”, senza specificazione di quale dicastero e con nessuna firma dell’autorità responsabile.
Nei paragrafi 1 e 2 il documento espone il problema e la linea generale di soluzione.
- Il problema è che il governo rinnega le sue promesse di rispettare la dottrina cattolica e nella registrazione civile del clero richiede quasi sempre di accettare il principio di indipendenza, autonomia, auto-amministrazione della Chiesa in Cina (si dovrebbe completare con quello che la lettera di papa Benedetto XVI dice al punto 7,8: “… assumere atteggiamenti, a porre gesti e a prendere impegni che sono contrari ai dettami della loro coscienza di cattolici”).
- Di fronte alla situazione complessa e che non è sempre la stessa dappertutto, la Santa Sede dà una linea generale di come comportarsi: da una parte non intende forzare le coscienze, e perciò chiede (omettendo di dire esplicitamente “al governo”) che si rispetti la coscienza cattolica; dall’altra pone come principio generale che “la clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa”, cioè è normale che se ne esca.
Riguardo alla citazione della Lettera di papa Benedetto XVI al punto 8,10, mi permetto di trascrivere quasi l’intero paragrafo:
(a) “Alcuni di essi [vescovi] non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al Successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente.”
(b) “La clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa,”
(c) “e la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede,”
(d) “e di non accettare ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l’intimo della vita della Chiesa.”
Jeroom Heyndrickx e il card. Parolin amano citare solo la parte (b); papa Francesco aggiunge anche la parte (c); ma a me sembra che siano importanti anche la parte (a) e (d).
Il paragrafo mostra con chiarezza che la non normalità non è una scelta dei clandestini, la scelta è inevitabile. È la situazione che è anormale! È forse cambiata oggi questa situazione?
- Il lungo paragrafo 3 (degli ultimi Orientamenti pastorali della Santa Sede, ndr) cerca di provare che è giustificato ciò che si suggerirà nel par. 5 (l’adesione alla Chiesa Patriottica gestita dal governo cinese, ndr).
Prima prova: la Costituzione garantisce la libertà religiosa.
Domando: Ma che cosa ci dice la lunga storia di persecuzione, nonostante la Costituzione?
Seconda prova: Dopo l’Accordo, “logicamente” l’indipendenza non deve essere più intesa come indipendenza assoluta, ma…
Anzitutto dico se non vedo il testo dell’Accordo, mi è difficile credere che abbiano veramente riconosciuto il “ruolo peculiare del successore di Pietro”.
Domando poi: C’è qualcosa di logico nei sistemi totalitari? Unica logica è che, al dire di Deng Xiaoping, “un gatto bianco è uguale a un gatto nero”, purché serva agli scopi del Partito.
Nell’immediato dopo-Accordo niente è stato cambiato nella politica religiosa del partito, tutto è stato ufficialmente riaffermato e i fatti lo comprovano.
Terza prova: Il contesto del dialogo “consolidato”
Domando: Ma il documento non riconosce che il governo ha rinnegato le sue promesse, come affermato sia nel primo paragrafo, sia nel paragrafo 9 di questo documento?
Quarta prova: Tutti i vescovi sono legittimati.
Questo prova solo l’infinita generosità del papa o forse l’onnipotente pressione del governo, ma nei perdonati e “premiati” non vediamo alcun cambiamento, nessun segno di ravvedimento, ma chiari atti di baldanzoso trionfo, ridendo degli altri che hanno puntato sul cavallo sbagliato.
- Il paragrafo 4 dice che le ragioni qui sopra giustificano un atteggiamento nuovo. Qui almeno c’è l’onestà di dire che ciò che si propone è una novità, e che perciò non è in continuazione con il passato, ma negando il passato come già passato, cioè come non più valido.
Si dice anche che la Santa Sede sta cercando di concordare col governo su una formula (che salvi capra e cavoli).
Ma ci domandiamo: “Una formula”? Quel che si chiede e si accetta non è la dichiarazione di una teoria: è tutto un sistema, un regime in cui non ci sarà più la libertà pastorale, ma in tutto si seguiranno gli ordini del Partito, fra cui la proibizione ai minori di 18 anni di partecipare a qualunque attività religiosa.
- Nel par. 5 ci sono i veri orientamenti pastorali. In breve: si firmi pure tutto quello che richiede il governo, possibilmente con una precisazione scritta che nega poi quello che si firma. Se la precisazione scritta non è possibile, la si faccia verbalmente, con un testimone o senza. Basta che ci sia l’intenzione di non aver accettato in coscienza ciò che di fatto è stato firmato.
Si firma un testo contro la fede e si dichiara che l’intenzione è di favorire il bene della comunità, un’evangelizzazione più adeguata, la gestione responsabile dei beni della Chiesa.
Questa norma generale è ovviamente contro ogni principio di moralità. Se accettata giustificherebbe l’apostasia.
- Nel par. 6 si dice che la Santa Sede comprende e rispetta chi in coscienza non accetta la regola sopra esposta. Ovviamente è compassione verso una minoranza “cocciuta”che non riesce ancora a capire la regola nuova.
- Il par.7 parla di certi doveri dei vescovi, citando un documento che non ha niente a che fare con la nostra questione.
- Nel par. 8 si dice che i fedeli accolgano la decisione dei loro pastori. Cosa vuol dire? Che non hanno la libertà individuale di scegliere? E la loro coscienza non deve essere rispettata?
Ai fratelli che mi domandano sul da farsi ho sempre dato la risposta: di rispettare le scelte degli altri e di rimanere fermi nella convinzione della propria coscienza. Questo perché non ho nessuna autorità di imporre sugli altri i miei giudizi su ciò che è giusto o sbagliato. Ma la Santa Sede non ha l’autorità e perciò il dovere di chiarire ai membri della Chiesa che cosa è giusto e che cosa è sbagliato? Lo ha fatto con questi “Orientamenti”?
- Al par. 9 si dice che la Santa Sede nel frattempo chiede (e di nuovo omette la parola “al governo”) che non si pongano in atto pressioni intimidatorie nei confronti delle comunità cattoliche non ufficiali, come è già avvenuto.
(Questo di non nominare la parola “governo” è quasi come la tradizionale riverenza nel non menzionare il nome dell’imperatore.)
Infine, si raccomanda a tutti di discernere la volontà di Dio con “pazienza e umiltà”. Ma io mi domando: è andata a farsi benedire la fermezza nella fede?
Poi dice che “il cammino presente è segnato pure da tante speranze, nonostante le difficoltà”. A me pare, invece, che i fatti distruggano ogni fondamento di speranza umana. In quanto a speranza in Dio, essa non può mai essere disgiunta dalla sincera volontà di voler anche soffrire secondo la Sua volontà.
Questo documento ha rovesciato in modo radicale ciò che è normale e ciò che è anormale, ciò che è doveroso e ciò che è da compatire.
La speranza dei suoi redattori forse è che la minoranza compatita morirà di morte naturale. Con questa minoranza intendo non solo i sacerdoti clandestini, ai quali da tempo non si danno dei Vescovi quando quegli anziani muoiano, ma neppure più Delegati, perché il vescovo ufficiale della diocesi è già legittimo, ma anche molti fratelli nella comunità ufficiale che con grande tenacia hanno lavorato per un cambiamento, sperando di essere sostenuti dalla Santa Sede, ma vengono invece incoraggiati ad accettare la sottomissione al governo.
Che il Signore non permetta il compimento di questi desideri, di chi vuole la morte della vera fede nella mia cara patria. Signore, pietà!
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