di Sabino Paciolla
Già, perché a Cremona, secondo la decisione del vescovo Napolioni, i fedeli non devono avere la possibilità di partecipare alla Santa Messa secondo il rito tridentino? E’ veramente un mistero. Eppure la messa tridentina è pienamente legittima perché prevista dal Summorum Pontificum (in italiano “Dei Sommi Pontefici”), una lettera apostolica di papa Benedetto XVI, pubblicata in forma di motu proprio il 7 luglio 2007.
Nel Summorum Pontificum, infatti, si legge (il grassetto è mio):
I Sommi Pontefici fino ai nostri giorni ebbero costantemente cura che la Chiesa di Cristo offrisse alla Divina Maestà un culto degno, ‘a lode e gloria del Suo nome’ ed ‘ad utilità di tutta la sua Santa Chiesa’. (…)
Ma in talune regioni non pochi fedeli aderirono e continuano ad aderire con tanto amore ed affetto alle antecedenti forme liturgiche, le quali avevano imbevuto così profondamente la loro cultura e il loro spirito (…)
(…) con la presente Lettera Apostolica stabiliamo quanto segue:
Art. 1. Il Messale Romano promulgato da Paolo VI è la espressione ordinaria della “lex orandi” (“legge della preghiera”) della Chiesa cattolica di rito latino.Tuttavia il Messale Romano promulgato da S. Pio V e nuovamente edito dal B. Giovanni XXIII deve venir considerato come espressione straordinaria della stessa “lex orandi” e deve essere tenuto nel debito onore per il suo uso venerabile e antico. Queste due espressioni della “lex orandi” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “lex credendi” (“legge della fede”) della Chiesa; sono infatti due usi dell’unico rito romano.
Perciò è lecito celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa.
Art. 5. § 1. Nelle parrocchie, in cui esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica, il parroco accolga volentieri le loro richieste per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962. Provveda a che il bene di questi fedeli si armonizzi con la cura pastorale ordinaria della parrocchia, sotto la guida del Vescovo a norma del can. 392, evitando la discordia e favorendo l’unità di tutta la Chiesa.
- 4. I sacerdoti che usano il Messale del B. Giovanni XXIII devono essere idonei e non giuridicamente impediti.
Ora, se questo stabilisce il Summarum Pontificum di papa Benendetto XVI, diventa difficilmente comprensibile che il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, come riportano fonti giornalistiche, rifiuti la richiesta legittima dei fedeli con la seguente motivazione:
“Tali richieste erano già state avanzate, almeno in parte, al mio predecessore, il quale, non ravvisando che vi fossero in Diocesi le condizioni per accogliere favorevolmente le suindicate richieste, vi oppose un diniego, soprattutto alla luce del fatto che, in oltre quarant’anni, l’applicazione della riforma liturgica conciliare, promossa dal beato Paolo VI, è stata serenamente accolta in tutta la Diocesi di Cremona e da parte di tutte le sue componenti ‘senza resistenze e senza eccezioni, né singolari né collettive’. Condividendo le ragioni allora proposte e non ritenendo che nel frattempo siano emerse nuove motivazioni a sostegno di una diversa valutazione delle attuali circostanze riguardanti la vita liturgica della Diocesi, dopo attenta riflessione sono giunto alla convinzione che, per quanto di mia competenza, non vi siano ragioni per accogliere favorevolmente le vostre richieste”.
E’ di tutta evidenza che tra il dettato del Summorum Pontificum e la motivazione della decisione presa dal vescovo di Cremona vi è uno stridente contrasto. Tanto che lo stesso card. Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione dei vescovi e attuale vice-decano del collegio cardinalizi, rispondendo al giornale La provincia, ha detto: “Non capisco le ragioni, ma approfondirò. Nel mondo la Messa tridentina si celebra ovunque. Io non so come mai lì a Cremona no, ma in molte diocesi si fa”.
La decisione appare ancora più incomprensibile quando sul sito della Diocesi di Cremona leggiamo il titolo: “Il 18 novembre a Caravaggio tavolo di dialogo con le realtà Lgbt cristiane in Lombardia”, ovvero, “Quale presenza dei giovani LGBT nella Chiesa?”.
Stando così le cose, si ha l’impressione che non si stia facendo di tutto per adeguarsi allo spirito ed alla lettera di alcuni passi del Summorum Pontificum, in particolare quando si raccomanda che “il parroco accolga volentieri le loro richieste (dei fedeli, ndr) per la celebrazione della Santa Messa secondo il rito del Messale Romano edito nel 1962″ (…) “evitando la discordia e favorendo l’unità di tutta la Chiesa”.
Ed proposito di “unità”, propongo, quale utile riflessione, l’opinione che Aurelio Porfiri mi ha segnalato:
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