Lo stato non è la totalità dell’esistenza umana e non abbraccia tutta la speranza umana. L’uomo e la sua speranza vanno oltre la realtà dello stato e oltre la sfera dell’azione politica. […] Lo stato non è la totalità. Questo alleggerisce il peso all’uomo politico e gli apre la strada a una politica razionale. […] Il primo servizio che la fede fa alla politica è la liberazione dell’uomo dall’irrazionalità dei miti politici, che sono il vero rischio del nostro tempo. Essere sobri ed attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile, è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale. Il grido che reclama le grandi cose ha la vibrazione del moralismo; limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra il pragmatismo dei meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con cui ci si fa gioco dell’umanità dell’uomo e delle sue possibilità. Non è morale il moralismo dell’avventura, che intende realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell’uomo e compie, entro queste misure, l’opera dell’uomo. Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica.
(J. Ratzinger, omelia a Bonn, 1981)
Come disse il beato Antonio Rosmini, non lo stato ma la persona umana è la fonte del diritto. Questa dovrebbe essere l’idea centrale della Costituzione della Repubblica Italiana la quale, proprio per evitare assolutizzazioni dello stato, usa il termine Repubblica nei primi articoli della stessa. “L’Italia è una repubblica democratica…” non “uno stato democratico”.