di Sabino Paciolla

 

In una società in cui il “diritto” a decidere come e quando morire e far morire è ormai ritenuto inviolabile, papa Francesco ha ridetto una volta per tutte il radicale “no” della Chiesa cattolica all’eutanasia.

Lo ha fatto tramite la lettera “Samaritanus bonus” firmata dal cardinale Luis F. Ladaria, prefetto della congregazione per la dottrina ella fede, e da lui approvata il 25 giugno di quest’anno, resa pubblica il 22 settembre.

Ma nella lettera c’è anche scritto che la sua pubblicazione è stata giudicata necessaria “per escludere ancora una volta ogni ambiguità circa l’insegnamento del magistero [della Chiesa] sull’eutanasia e il suicidio assistito”. Ambiguità che molto spesso è stata alimentata da esponenti del clero, anche di alto livello, in particolare dalla frangia più progressista.

In materia di fine vita, una delle personalità della Chiesa che più ha fatto parlare di sé per la mancanza di chiarezza, per usare un eufemismo, è stato mons. Vincnzo Paglia, . Questo aspetto è venuto fuori in particolare durante la vicenda del piccolo Alfie, quando in una intervista al settimanale Tempi dell’8 marzo 2018 diede ragione in tutto all’alta corte di giustizia di Londra. E come lui approvarono la sentenza londinese anche i vescovi dell’Inghilterra e del Galles, con a capo il cardinale Vincent Nichols. Sempre a proposito di fine vita, mons. Paglia ha fatto parlare di sé non solo nella vicenda del piccolo Alfie, ma anche in altre (ad esempio, leggi qui, qui e qui).

Molti di noi dinanzi a dichiarazioni confuse e, diciamo pure, ambigue, espresse da esponenti del clero sono rimasti interdetti ed a volte pesantemente sconcertati. Ovvio che molti abbiano espresso le loro rispettose obiezioni, a volte anche molto critiche.

Alla presentazione alla stampa della lettera Samaritanus bonus, il giornalista Sandro Magister, rivolgendosi al card. Ladaria, ha sottolineato l’ambiguità di certi interventi che hanno alimentato la confusione, facendo il nome proprio di mons. Paglia. A sua volta il card. Ladaria ha precisato come riconoscere l’autentico Magistero della Chiesa dalle varie espressioni non chiare o addirittura ambigue, anche scritte, che dovessero provenire da esponenti della Chiesa, anche di alto livello. Guardate il video che trovate sopra e che parte proprio dalla domanda di Magister e la relativa risposta di Ladaria che per comodità riportiamo sinteticamente per iscritto:

video

D. – Là dove la lettera afferma “il dovere” della Chiesa “di escludere ogni ambiguità circa l’insegnamento del magistero sull’eutanasia e il suicidio assistito”, le “ambiguità” si riferiscono anche a pronunciamenti di vario tipo di qualche ufficio o di qualche responsabile vaticano, come monsignor Paglia?

R. – [Sorriso] Io tornerei a ciò che dice anche il Concilio Vaticano II nella costituzione “Lumen gentium” sulla Chiesa, e poi a diverse spiegazioni che ha dato la congregazione per la dottrina della fede. […] Il Concilio dice che vi sono tre elementi [da prendere in considerazione]: la frequenza di una dichiarazione, il tono di questa dichiarazione, l’indole del documento. Non è lo stesso un Concilio che una dichiarazione a un giornalista. Questo deve essere molto chiaro. Non è lo stesso un’enciclica, un discorso che il papa fa, o se adesso io dico qualche cosa davanti a voi. […] Può anche accadere che in certi momenti, in certi tipi di dichiarazioni, che non sono infallibili, il cattolico si veda in difficoltà. In questi casi anche i documenti della Chiesa prevedono che si possa fare un momento di silenzio, senza fare una opposizione pubblica, ma questo non […] vuol dire che un vescovo quando apre la bocca parla in un modo infallibile o impegna il magistero della Chiesa. No. La Chiesa ha gli elementi di discriminazione, di giudizio, perché il magistero è sommamente articolato e si esercita a molti livelli.

 

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