Museo Civico, Sansepolcro, Piero della Francesca - Pasqua di Risurrezione

Museo Civico, Sansepolcro, Piero della Francesca – Pasqua di Risurrezione
 
Nell’intervista rilasciata a Vito Mancuso, il card. Ravasi analizza la figura di Gesù come se si trattasse di un qualsiasi altro personaggio storico, presentandolo addirittura come un prodotto della cultura del suo tempo. In sostanza, lo descrive come un uomo poco colto, che per questo non potrebbe essere eletto neppure a patrono degli studiosi; ma in compenso, sostiene il cardinale, Gesù è molto sensibile ed eclettico, capace di assorbire come una spugna i diversi orientamenti culturali del suo tempo, e di riformularli in sintesi creative. In una sola parola, un genio, e pure un po’ sincretista!! Così, nel giudizio di Ravasi, il Cristo, il Figlio del Dio Vivente, diventa invece un figlio del suo tempo; Lui, il Signore della storia, il principio primo e il fine ultimo di ogni cosa, che per la sua unicità è inclassificabile e irriducibile a ogni categoria umana, viene classificato come un fenomeno storico locale (in fondo, non conosceva neppure il greco, forse giusto qualche parola). Questo, però, non è il giudizio della Chiesa, ma appartiene a quella pluralità di opinioni che caratterizza il giudizio del mondo su Gesù. E fra queste opinioni ricorrono, oltre a quella del “genio”, altre “classificazioni” non meno pittoresche quanto banali: rivoluzionario, filosofo, grande uomo, uomo leggendario, pacifista, eccetera eccetera.
 
Nella Chiesa, fin dai tempi apostolici, non c’è pluralismo sulla conoscenza di Gesù, ma una sola grande certezza, che è totalmente e assolutamente incompatibile con il giudizio del mondo. Rileggiamo questo brano del Vangelo di Matteo:
“Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «VOI CHI DITE CHE IO SIA?». Rispose Simon Pietro: «TU SEI IL CRISTO, IL FIGLIO DEL DIO VIVENTE». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli».
La prima domanda è rivolta alla gente, al “mondo”, e le risposte sono tante e confuse. La seconda domanda Gesù la rivolge ai suoi, alla Chiesa, e la risposta di Pietro è unica e irriducibile a qualsiasi altra realtà storica o giudizio umano. E questa conoscenza di Gesù è possibile solo nella Chiesa, perché non può essere colta dalla carne e dal sangue, cioè dalla cultura del mondo, ma è rivelata solo dal Padre e può essere percepita solo con gli occhi della fede. Un cattolico, e a maggior ragione un pastore della Chiesa, non può che professare e testimoniare questa unica verità di fede su Gesù.
 
“La risposta di Pietro – scriveva il card. Biffi – è la risposta di tutti. L’identità della convinzione di ciascuno di noi con la fede di Pietro è la “pietra” di paragone che giudica la legittimità dell’appartenenza ecclesiale. Chi altera questa fede non può avere posto nella Chiesa”.
 
E vogliamo rileggere cosa dice il card. Ravasi a proposito della risurrezione?
 
Ecco il testo virgolettato: «Gli autori neotestamentari avevano il problema di parlare di un evento in sé indescrivibile. Lo fecero usando da un lato la categoria “risurrezione”, concetto dell’Antico Testamento che suppone un nesso di stretta continuità tra l’individuo storico e il risorto (da cui le affermazioni sul risorto che può essere toccato e può addirittura mangiare)…». E dopo aver sviluppato questo “concetto”, per voler essere chiaro sino in fondo, Ravasi conclude affermando che «in questa prospettiva va detto che il Gesù risorto raffigurato da Piero della Francesca non è evangelico, pur essendo una stupenda opera d’arte”. Ravasi, quindi, arriva a teorizzare la “risurrezione” come concetto, categoria, ovvero come una costruzione dialettica necessaria per spiegare qualcosa altrimenti indescrivibile. Al contrario, il magistero della Chiesa, da duemila anni, afferma che la risurrezione di Cristo, con il suo corpo glorioso, è un fatto storico realmente accaduto, così come testimoniano i Vangeli. Ancora una volta ci viene incontro il card. Giacomo Biffi: “Tutto il fatto cristiano – che oggi ancora è attuale e rilevante – trova la sua origine nella proclamazione di una notizia: è l’annuncio, risonato in Gerusalemme la mattina di Pasqua dell’anno 30, che da allora non si è più spento nella storia del mondo. Questo annuncio si compendia in una sola parola greca, che è il nucleo originario della nostra fede: egérthe, cioè: «si è ridestato», «è risorto»”.
 
Domenico Condito
 
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