Mentre molti si impegnano a dialogare con i non credenti, il cardinal Giacomo Biffi scrive ai credenti.
di Card. Giacomo Biffi
Vi do una notizia un po’ riservata. Vi rivelo un segreto; ma, mi raccomando, resti tra noi. La notizia è questa: grande è la fortuna di noi credenti. Grande è la fortuna di chi è «cristiano»; cioè appartiene, sa di appartenere, vuole appartenere a Cristo.
Però non andate a dirlo agli altri: non capirebbero. E potrebbero anche aversela a male: potrebbero magari scambiare per presunzione il nostro buon umore per la felice consapevolezza di quello che siamo; potrebbero addirittura giudicare arroganza la nostra riconoscenza verso Dio Padre che ci ha colmati di regali.
C’è perfino il rischio di essere giudicati intolleranti: intolleranti solo perché non ci riesce di omologarci disciplinatamente e possibilmente con cuore contrito alla cultura imperante; intolleranti solo perché non ci riesce di smarrirci, come sarebbe «politicamente corretto», nella generale confusione delle idee e dei comportamenti.
Un’altra grande fortuna di coloro che sono «di Cristo» è quella di essere liberi. Ecco quanto Cristo ci ha promesso: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 31-32). Il principio di questa prerogativa inalienabile del cristiano è la presenza in noi dello Spirito Santo: «Dove c’è lo Spirito del Signore, c’è la libertà» (2 Cor 3, 17); quello Spirito che, secondo la parola di Gesù, ci guida alla verità tutta intera (cf. Gv 16, 13), perché ci chiarifica «le cose come stanno»; ed è appunto questa verità a farci liberi (cf. Gv 8, 32). Sant’Ambrogio enuncia questo caposaldo dell’antropologia cristiana, scrivendo: «Dove c’è la fede, lì c’è la libertà».
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‹‹TU SOLO IL SIGNORE››
Quando nella messa proclamiamo gioiosamente: ‹‹TU SOLO IL SIGNORE, GESU’ CRISTO››, noi notifichiamo a tutti quale sia la fonte della nostra libertà: prima della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (ONU 10 Dicembre 1948), prima della Costituzione della Repubblica (22 Dicembre 1947), La fonte della nostra libertà è il Risorto. La nostra vera e sostanziale liberazione non ci è stata procurata da altri: è una proprietà che ci viene, prima che da qualsivoglia autorità.
‹‹Tu solo››: noi non abbiamo e non vogliamo nessuno che spadroneggi su di noi, né in campo politico né in campo culturale.
Quasi ad ogni tornante della storia compaiono uomini che sciaguratamente mirano a farsi padroni di uomini, magari perfino invadendo e condizionando il loro mondo interiore. Coloro che sono ritenuti capi delle nazioni, le dominano e in più vogliono farsi chiamare benefattori (Mc 10,42 e Lc 22,25) ha detto Gesù con qualche ironia.
Ebbene, il semplice fedele – anche quando non fosse un eroe, anche quando nella sua debolezza fosse costretto a piegarsi esternamente alla prepotenza- resterà sempre un ‹‹liberto di Cristo››, cioè un uomo che è stato riscattato dal Figlio di Dio e che nessuno può ricondurre in servitù. E di fronte a un dittatore che pretenda per sé un culto assoluto e le doti divine dell’onnipotenza e dell’onniscienza, interiormente gli scapperà sempre da ridere. Per questo tutte le tirannie hanno d’istinto in antipatia i veri credenti; e poco o tanto arrivano sempre a perseguitarli: intuiscono che sono i soli che non diventano mai sudditi nell’anima.
Invece ‹‹quanti padroni finiscono con l’avere quelli che rifiutano l’unico vero Padrone!›› nota più di una volta sant’Ambrogio con straordinaria acutezza. ( Extra coll.Ep.14,96).
bell’articolo. Complimenti per la ricerca di brani veramente “Liberi”
Ad maiora Dei Gloriam