Foto: papa Benedetto XVI

Foto: papa Benedetto XVI

Chiunque frequenti i social sa benissimo quanto sia ancora forte e radicata nel cuore di tutti noi  la presenza della persona del papa emerito Benedetto XVI. Ogni notizia sulla sua persona, ogni informazione sulla sua salute mette l’ansia in tantissimi fedeli sparsi in tutto il mondo. Ogni lettera da lui resa pubblica (vedi l’ultima al Corriere della sera), o pubblicata senza la sua autorizzazione hanno suscitato notevole attenzione. Papa Benedetto XVI, evidentemente, rimane per tantissimi un punto di riferimento, un faro luminosissimo nel periglioso mare dell’attuale, agitata, confusa, vita della Chiesa Cattolica.

Per questo, è una bella notizia la pubblicazione del libro di Francesco Boezi intitolato: Ratzinger. La rivoluzione interrotta“, edito da La Vela, uscito l’8 maggio scorso, giornalista presso il Giornale, dove si occupa di Vaticano e di Chiesa (ma collabora anche a Gli occhi della Guerra, rivista di geopolitica).

E’ un libro molto agile e interessante, semplice e profondo allo stesso tempo, perché raccoglie sedici interviste da diversi interlocutori, da chi lo ha conosciuto di persona a chi è rimasto semplicemente, e profondamente, colpito dalla sua figura. Ne viene fuori un papa emerito come è percepito da tutti noi. E’, quindi, un libro consigliato proprio per noi, semplici fedeli ma appassionati della vita, con l’animo aperto al Mistero che ci fa in ogni istante.

Sarebbero molteplici gli spunti da riportare, ma lo spazio di un articolo non me lo consente. Nella recensione di questo libro, mi limiterò dunque a fare solo alcune pennellate, nella consapevolezza che tanto altro sarebbero da dire .

Tanti i temi trattati. A cominciare dalla parola “rivoluzione”, che è racchiusa nel titolo stesso, oggi molto attuale. Un papa deve essere un “rivoluzionario”? E papa Benedetto XVI è stato un papa “rivoluzionario” o “restauratore”? Ettore Gotti Tedeschi, uno degli intervistati, banchiere, ex presidente dello IOR, la banca vaticana, che è stato molto vicino al papa emerito, dice che Benedetto non ha voluto rivoluzionare nulla, ma “restaurare il Regno di Dio proprio in quest’epoca di secolarizzazione”. Per Gotti Tedeschi, “Benedetto XVI ebbe il coraggio di affermare la verità senza paura di scontrarsi con le richieste del mondo moderno che contraddicevano la dottrina e avrebbero minato i fondamenti della fede. Si oppose a ogni richiesta di negare le leggi naturali conseguenti alla creazione. Si rifiutò di trasformare la Genesi Divina in genesi laico-gnostica, per soddisfare le pretese scientiste e moderniste”.

Giuliano Sangiuliano, vicedirettore del TG1, dice che “la forza della chiesa è stata quella di resistere a vari tentativi di secolarizzazione conservando, appunto, il valore del sacro, il suo costrutto metafisico“. Per questo, “credo che il magistero della teologia di papa Ratzinger consista nella conservazione del sacro, del valore metafisico, di ciò che siamo”.

Sangiuliano mette in evidenza: ”non si esagera nell’affermare che gli ultimi decenni hanno certificato l’esistenza di un ‘declino occidentale”. Un declino profondo che ha connotati sociali, economici e culturali e che si esprime soprattutto nella secolarizzazione delle nostre società”.

È di questi giorni il tema caldissimo delle migrazioni. Francesco Boezio riprende quanto Ratzinger scrisse in un passaggio del discorso per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato: “Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra, ripetendo con il Beato [ora Santo] Giovanni Paolo II che ‘diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione’”.

Parole sante, potremmo dire.

Sangiuliano concorda con papa Ratzinger, ed aggiunge: “non si esagera nel ritenere che il rapporto fra globalizzazione e democrazia stia diventando uno snodo sempre più cruciale del nostro tempo, fonte di non poche tensioni nelle società contemporanee. La globalizzazione arricchisce una ristretta élite, ma per il resto esclude, limita, crea le masse dei non integrati e soprattutto rende opaco il potere. L’immigrazione incontrollata è parte di questo schema”.

Credo non si possa che essere d’accordo.

Gaetano Rebecchini, che ha avuto rapporti prima con il cardinale Ratzinger e poi con Benedetto XVI, dice che  “Lo sviluppo della tecno-scienza procede inesorabile” ( “fecondazione eterologa”, “aborto”, “cambio di sesso”, “cultura del gender”, “matrimoni gay”, “eutanasia” ecc.) (…) “è il vero profondo male che incombe sull’uomo di oggi; un male che lo distacca sempre più da quei ‘valori fondanti’ e da quella ‘legge di natura’ che Benedetto XVI definiva ‘valori non negoziabili’ sui quali devono fondarsi i princìpi etici di una società sana. Ecco perché (…) rimasi molto stupito di quella dichiarazione di papa Francesco che invitava a non parlare troppo di ‘valori non negoziabili’”.

Altro tema importante ed attuale è quello della pedofilia nella Chiesa. Marco Tosatti, giornalista, intervistato, nel sottolineare la fermezza di Benedetto XVI su questa materia, afferma che “nei primi due anni di pontificato di Joseph ratzinger, oltre quattrocento preti e novanta vescovi furono colpiti da provvedimenti e rimossi dal ministero che esercitavano per responsabilità dirette o incapacità di gestione”.

In merito alla parola “dialogo”, oggi tanto abusata, Francesco Agnoli, giornalista e scrittore, riprendendo il pensiero di papa Benedetto, dice che esso “non è parlarsi addosso, né dire ognuno la propria, ma cercare insieme, anche nel confronto, anche nello scontro, la verità. Ma il problema sta proprio qui: la cultura contemporanea o non crede nella verità, o non è interessata a confrontarsi con essa. Il relativismo è il male oscuro che uccide l’intelligenza e la passione. Il relativismo dice che tutto è lo stesso, che la verità non interessa… Ma se non interessa la verità, all’uomo rimangono i propri desideri divenuti capricci, i propri sentimenti del momento, il potere, la mondanità… poca roba, insomma. Siamo fatti per la verità, per cercarla e per confrontarci con essa, costantemente. Del resto, è la verità che ci rende liberi, mentre mille false libertà, oggi, ci rendono schiavi”.

Poi c’è Aldo Maria Valli che dice: “Ratzinger si è presentato come un lavoratore nella vigna del Signore, umile ma determinato, ben sapendo che i “lupi” – come lui stesso li ha definiti – sarebbero arrivati. I “lupi” hanno visto in lui il nemico perché sosteneva la sana dottrina nella sua integrità, senza cedimenti al relativismo”.

E Assuntina Morresi che dice che “La grande sfida del nostro tempo è innanzitutto antropologica, prima che morale: l’antica utopia di ridisegnare l’uomo, non più mediante esperimenti sociali che hanno generato poi le terribili dittature del secolo scorso – nazismo, comunismo –, ma tramite le nuove possibilità della tecnica di modificare le fondamenta della natura umana, soprattutto mediante le nuove tecnologie applicate alla medicina”.

Come si vede, ho potuto prendere soltanto alcuni spunti. Ma c’è tanto, tanto altro.

È però un libro che si legge tutto d’un fiato, in maniera molto fluida, perché è come sedersi su un divano a parlare con un ospite sempre diverso, ma sempre della stessa persona, il papa emerito Benedetto XVI.

 

di Sabino Paciolla

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