Riporto alcuni stralci dall’omelia di sua santità Benedetto XVI nella concelebrazione eucaristica con i membri della Commissione teologica internazionale, nella cappella Redemptoris Mater, venerdì 6 ottobre 2006.

 

Papa Benedetto XVI - (CNS photo/Paul Haring) Via Catholic Herald

Papa Benedetto XVI – (CNS photo/Paul Haring) Via Catholic Herald

 

«….nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell’inflazione delle parole, [occorre] rendere presenti le parole essenziali. Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio».

«Ma come potremmo, essendo parte di questo mondo con tutte le sue parole, rendere presente la Parola nelle parole, se non mediante un processo di purificazione del nostro pensare, che soprattutto deve essere anche un processo di purificazione delle nostre parole?»

«Il nostro parlare e pensare dovrebbe solo servire perché possa essere ascoltato, possa trovare spazio nel mondo, il parlare di Dio, la Parola di Dio. E così, di nuovo, ci troviamo invitati a questo cammino della rinuncia a parole nostre; a questo cammino della purificazione, perché le nostre parole siano solo strumento mediante il quale Dio possa parlare».

«In questo contesto mi viene in mente una bellissima parola della prima lettera di san Pietro, nel primo capitolo, versetto 22. In latino suona così: “Castificantes animas nostras in oboedentia veritatis”. L’obbedienza alla verità dovrebbe “castificare” la nostra anima, e così guidare alla retta parola e alla retta azione. In altri termini, parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinione comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell’anima. La “castità” a cui allude l’apostolo Pietro è non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l’obbedienza alla verità. E penso che questa sia la virtù fondamentale del teologo, [e quindi anche del pastore] questa disciplina anche dura dell’obbedienza alla verità che ci fa collaboratori della verità, bocca della verità, perché non parliamo noi in questo fiume di parole di oggi, ma realmente purificati e resi casti dall’obbedienza alla verità, la verità parli in noi. E possiamo così essere veramente portatori della verità.» [grassetto mio]

Benedetto concluse così sua omelia:

«“Chi ascolta voi, ascolta me”. Che ammonizione, che esame di coscienza queste parole! È vero che chi ascolta me, ascolta realmente il Signore? Preghiamo e lavoriamo perché sia sempre più vero che chi ascolta noi ascolta Cristo. Amen!»

 

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