I passaggi chiave del nuovo volume sono stati pubblicati domenica in esclusiva dal quotidiano francese Le Figaro. Qui di seguito pubblichiamo una traduzione non ufficiale in italiano di alcuni brani così come riportati in lingua inglese da Diane Montagna su LifeSiteNews. I brani tratti dall’introduzione e dalla conclusione del libro sono stati scritti congiuntamente da Benedetto XVI e dal Cardinale Sarah. Dell’anticipazione di stampa abbiamo parlato ieri.
NON POSSO TACERE
Negli ultimi mesi, mentre il mondo risuonava del frastuono creato da uno strano sinodo mediatico che stava prendendo il sopravvento sul vero sinodo, ci siamo incontrati. Ci siamo scambiati idee e preoccupazioni. Abbiamo pregato e meditato in silenzio. Ognuno dei nostri incontri ci ha dato un senso di conforto e di calma. Le nostre riflessioni in modi diversi ci hanno portato a scambiarci lettere. La somiglianza delle nostre preoccupazioni e la convergenza delle nostre conclusioni ci ha portati a mettere il frutto del nostro lavoro e della nostra amicizia spirituale a disposizione di tutti i fedeli, sull’esempio di sant’Agostino. Infatti, come lui possiamo affermare: “Silere non possum! Non posso tacere! So quanto sarebbe pernicioso il silenzio per me. Non voglio infatti crogiolarmi negli onori ecclesiastici, ma credo che sarà a Cristo, il primo dei Pastori, che dovrò rendere conto delle pecore affidate alle mie cure. Non posso tacere né rivendicare l’ignoranza”. (…) Lo facciamo in uno spirito di amore per l’unità della Chiesa. Se l’ideologia divide, la verità unisce i cuori. Lo studio della dottrina della salvezza non può che unire la Chiesa attorno al suo divino Maestro. Lo facciamo in uno spirito di carità.
(dalla Introduzione di Benedetto XVI e card. Robert Sarah)
ASTINENZA ONTOLOGICA
La celebrazione quotidiana dell’Eucaristia, che implica uno stato di servizio permanente a Dio, non lascia spontaneamente l’impossibilità di un vincolo matrimoniale. Si può dire che l’astinenza sessuale che era funzionale si è trasformata in astinenza ontologica. (…) Oggi è troppo facile affermare che tutto questo è semplicemente la conseguenza di un disinteresse per la corporeità e la sessualità. (…) Un tale giudizio è errato. Per provarlo, basti ricordare che la Chiesa ha sempre considerato il matrimonio come un dono concesso da Dio dal cielo sulla terra. Tuttavia, lo stato coniugale riguarda l’uomo nella sua totalità, e poiché il servizio del Signore richiede anche il dono totale dell’uomo, non sembra possibile realizzare le due vocazioni contemporaneamente. Così, la capacità di rinunciare al matrimonio per mettersi totalmente a disposizione del Signore è un criterio per il ministero sacerdotale. Per quanto riguarda la forma concreta del celibato nella Chiesa antica, va anche sottolineato che gli uomini sposati potevano ricevere il sacramento dell’Ordine solo se si erano impegnati all’astinenza sessuale, cioè a un matrimonio Josephite. Una situazione del genere sembra essere stata abbastanza normale nei primi secoli.
(di Benedetto XVI)
RINUNCIA A QUALSIASI COMPROMESSO
Senza la rinuncia ai beni materiali, non può esserci il sacerdozio. La chiamata a seguire Gesù non è possibile senza questo segno di libertà e di rinuncia a ogni compromesso. Credo che il celibato abbia un grande significato come abbandono di un possibile dominio terreno e cerchio della vita familiare; il celibato diventa addirittura veramente indispensabile perché il nostro cammino verso Dio possa rimanere il fondamento della nostra vita ed esprimersi concretamente. Ciò significa, naturalmente, che il celibato deve permeare tutti gli atteggiamenti della vita con le sue esigenze. Non può raggiungere il suo pieno significato se ci conformiamo alle regole della proprietà e agli atteggiamenti della vita comunemente praticati oggi. Non ci può essere stabilità se non mettiamo la nostra unione con Dio al centro della nostra vita.
(di Benedetto XVI)
LA MISSIONE DEL SACERDOTE
Cosa significa essere un sacerdote di Gesù Cristo? (…) L’essenza del ministero sacerdotale è definita in primo luogo dal fatto di stare davanti al Signore, di continuare a vegliare Lui, di essere lì per Lui. (…) Questo significa per noi stare davanti al Signore che è presente, cioè indicare l’Eucaristia come il centro della vita sacerdotale. (…) Il sacerdote deve essere qualcuno che veglia. Deve essere vigile di fronte ai poteri minacciosi del male. Deve tenere il mondo all’erta per Dio. Deve essere qualcuno che sta sul ciglio: retto di fronte alla corrente del tempo. Schietto nella verità. Franco nell’impegno al servizio del bene. Stare davanti al Signore deve sempre significare anche prendersi cura degli uomini davanti al Signore che, a sua volta, si prende cura di tutti noi davanti al Padre. E questo deve significare sostenere Cristo, la sua Parola, la sua verità, il suo amore. Il sacerdote deve essere retto, coraggioso e anche disposto a sopportare gli insulti per il Signore. (…) Il sacerdote deve essere una persona piena di rettitudine, vigile, che si erge in piedi. A tutto questo si aggiunge la necessità di servire. (…) Se la liturgia è un dovere centrale del sacerdote, significa anche che la preghiera deve essere una realtà prioritaria, da imparare sempre di nuovo e sempre più profondamente alla scuola di Cristo e dei santi di tutti i tempi.
(di Benedetto XVI)
COSA SIGNIFICA LA PAROLA “SANTO”?
La parola “santo” esprime la natura speciale di Dio. Solo Lui è il Santo. L’uomo diventa santo nella misura in cui comincia a stare con Dio. Essere con Dio significa mettere da parte ciò che è solo “Io” e diventare una cosa sola con tutta la vita di Dio. Tuttavia, questa liberazione di sé può essere molto dolorosa, e non si compie mai una volta per tutte. Tuttavia, il termine “santificare” può essere inteso anche in modo molto concreto per indicare l’ordinazione sacerdotale, nel senso che implica che il Dio vivente rivendica radicalmente un uomo per far sì che lo serva.
(di Benedetto XVI)
NESSUN SACERDOTE DI SECONDA CLASSE
Il celibato sacerdotale ben compreso, se a volte è una prova, è una liberazione. Permette al sacerdote di affermarsi coerentemente nella sua identità di sposodella Chiesa. Il progetto di privare le comunità e i sacerdoti di questa gioia non è un’opera di misericordia. Non posso in coscienza, come figlio dell’Africa, sostenere l’idea che i popoli in cammino verso l’evangelizzazione debbano essere privati di questo incontro con un sacerdozio vissuto in pienezza. I popoli dell’Amazzonia hanno diritto a una piena esperienza di Cristo Sposo. Non si possono offrire loro sacerdoti di “seconda classe”. Al contrario, più giovane è una Chiesa, più ha bisogno di incontrare la radicalità del Vangelo.
(di card. Robert Sarah)
È UNA BUGIA PARLARE DI ECCEZIONI
L’ordinazione di uomini sposati, anche se in precedenza erano diaconi permanenti, non è un’eccezione, ma una violazione, una ferita nella coerenza del sacerdozio. Parlare di eccezioni è un abuso di linguaggio o una menzogna (…). Inoltre, l’ordinazione di uomini sposati in giovani comunità cristiane vieterebbe la promozione delle vocazioni sacerdotali di sacerdoti non sposati. L’eccezione diventerebbe uno stato permanente che pregiudicherebbe la corretta comprensione del sacerdozio.
(di card. Sarah)
LA CHIESA NON È UN’ORGANIZZAZIONE UMANA…
Viviamo nella tristezza e nella sofferenza in questi tempi difficili e travagliati. Era nostro sacro dovere ricordare la verità del sacerdozio cattolico. Perché attraverso di esso tutta la bellezza della Chiesa è messa in discussione. La Chiesa non è solo un’organizzazione umana. È un mistero. È la Sposa mistica di Cristo. Questo è ciò che il nostro celibato sacerdotale ricorda costantemente al mondo. È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, non si lascino più impressionare da cattive suppliche, spettacoli teatrali, diaboliche menzogne, errori di moda che cercano di svalutare il celibato sacerdotale. È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, riscoprano uno sguardo di fede sulla Chiesa e sul celibato sacerdotale che ne protegge il mistero. Questa sarà la migliore difesa contro lo spirito di divisione, contro lo spirito politico, ma anche contro lo spirito di indifferenza e di relativismo.
(dalla Conclusione di Benedetto XVI e card. Robert Sarah)
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