IV Domenica di Avvento (Anno C)
(Mi 5,1-4; Sal 29; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45)
di Alberto Strumia
L’intreccio delle due figure di Giovanni Battista, il “Precursore” e di Maria, la “Madre di Dio”, che si sono alternate e ci hanno accompagnato in queste domeniche e solennità dell’Avvento, si completa nella liturgia di oggi, per preparare e lasciare tutta la centralità a Gesù Cristo, il Figlio di Dio che ha unito la natura di uomo alla natura di Dio, nella Sua persona divina.
In Maria tutta la Salvezza si è già realizzata “in anticipo”, così che in lei possiamo riconoscere un’immagine di ciò che anche noi, se lo vogliamo e impieghiamo la vita quotidiana in tal senso, possiamo essere con la Grazia di Dio. E un’immagine “anticipata” di quella Gloria che noi potremo conoscere in pienezza solo nell’Eternità.
Di lei, dicono le parole dell’Angelo, che è piena di Grazia (Lc 1,28). Perché in lei, “anticipatamente” su tutte le creature umane, la restituzione della “giustizia originale” è stata già realizzata, essendo stata concepita senza “peccato originale”, cioè senza avere mai perso il “giusto rapporto” con Dio Creatore, a differenza di tutti noi. A noi questa restituzione è stata data “dopo” la Risurrezione di Cristo, con il nostro Battesimo.
In lei, Benedetta tra le donne (cfr., il Vangelo di oggi), l’unione con Cristo è stata data nella “fisicità immediata” del suo corpo quando ha portato Gesù in grembo, oltre che nella sua anima. In noi, quando siamo in Grazia di Dio, è data nella “fisicità mediata” dei Sacramenti, oltre che nella nostra anima.
In Lei è anticipata la bellezza della Chiesa quando risplenderà gloriosa nell’Eternità.
In lei sono presenti, dall’inizio, i “frutti della Grazia”, che sono gli “atti di carità” che ha compiuto nella sua vita terrena. La “carità” è il modo di amare di Cristo, che in lei si realizza “immediatamente” nell’amare come Lui perché Lui ama così; e per portare Lui agli altri e gli altri a Lui e non a sé stessi. In noi la “carità” si può realizzare “mediatamente” come frutto di una sincera conversione.
– Il Vangelo di questa domenica descrive proprio l’“immediatezza” («Maria si alzò e andò in fretta») della carità di Maria verso la cugina Elisabetta, bisognosa del suo aiuto per l’attesa del bimbo Giovanni Battista. Andando da Elisabetta, non solo le portò l’aiuto materiale di cui poteva avere bisogno, ma soprattutto le portò Gesù, il Figlio di Dio che salva restituendo la “giustizia originale” che era stata perduta. Elisabetta sembra percepirlo proprio come la cosa prima e più importante: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?». E lo capisce dalla reazione che il suo bambino ha avuto in lei («il bambino sussultò nel suo grembo») all’arrivo di Cristo: «Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo». Questo comportamento che porta l’aiuto materiale come effetto della presenza di Cristo realizza, anticipatamente, in Maria il metodo che deve seguire la Chiesa nella sua missione, che deve portare Cristo come origine della carità anche nelle sue forme più materiali e non in sostituzione di Lui.
– Nella prima lettura ci viene presentata Betlemme, come una “figura” di Maria, in quanto della città come della donna si dice: «da te uscirà per me Colui che deve essere il dominatore di Israele», il Signore dell’universo e della storia (simboleggiati da Israele).
Si dice anche, chiaramente che gli uomini, fino a che non riconosceranno Cristo unico Salvatore, saranno inevitabilmente «in potere altrui» (cioè di Satana). E non ostante tutti i loro sforzi di salvarsi da soli, illudendosi di costruire un mondo vivibile senza Dio e senza Cristo, non ci riusciranno mai, in tutto il percorso della storia. Perché solo in Cristo la vita diviene vera e vivibile («Egli stesso sarà la pace!»).
Nell’attesa della celebrazione del Natale, ormai vicinissima, nella quale la liturgia ci invita ad adorare Gesù Bambino, Cristo nella Sua prima venuta, attendiamo nello stesso tempo , sempre più da vicino, anche il compimento di tutta la storia dell’umanità, di tutto ciò che Dio ha creato. Le parole del profeta Michea, nella prima lettura ci fanno dire: «Dio degli eserciti, ritorna!», promettendo con tutte le nostre forze: «Da te mai più ci allontaneremo».
Facciamo nostre, come in una preghiera dedicata a Maria le parole di questo antico inno.
Testo latinoOmni die dic Mariae Mea laudes anima Eius festa eius gesta Cole splendidissima Pulchra tota sine nota cuiuscumque maculae Fac me mundum et iucundum Te laudare sedule Ut sim castus et modestus dulcis, blandus sobrius Pius, rectus, circumspectus simultatis nescius Eruditus et munitus divinis eloquiis Timoratus et ornatus sacris exercitiis Virgo sancta cerne quanta Perferamus iugiter tentamenta et sustenta nos, ut stemus fortiter Esto tutrix et adiutrix christiani populi Pacem praesta, ne molesta nos perturbent saecula. Amen | Traduzione in lingua italianaOgni giorno anima mia canta le lodi di Maria; Venera le sue feste e la sua vita così ricca di insegnamento. Tutta bella, senza il segno di una pur minima macchia, fa che anch’io possa lodarti puro e lieto. Fa che sia casto e modesto dolce buono sobrio, pio leale scaltro e semplice ad un tempo. Ricolmo nella mente della saggezza donata da Dio, anche il cuore e l’agire sia pervaso della grazia divina. Ascolta clemente la preghiera di quelli che ora vedi: Purifica i peccatori e rendili buoni e degni del cielo. Vergine Santa, guarda i pericoli che continuamente ci tentano, sostienici dunque, affinché stiamo saldi e vigorosi. Amen. |
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