Foto: Alfie Evans

Foto: Alfie Evans

Ho una zia suora, ora anziana, che svolge comunque la funzione di portinaia in una scuola cattolica. Una trentina di anni fa era invece in un istituto di bambini abbandonati a causa o di situazioni familiari disastrate o perché nati con gravi handicap. Un giorno andai a trovarla. Mi accompagnarono in una stanza dove c’erano vari bambini con gravi handicap. La trovai seduta con un bimbo in braccio, un bimbo che aveva una testa molto grossa, abbandonato dai genitori proprio per quel motivo. Mi disse che era affetto da idrocefalia, sfociata poi in macrocefalia. Poiché era la prima volta che mi trovavo in quella situazione, mi sentivo inizialmente un po’ a disagio. Ma fui subito colpito dalla tenerezza con cui mia zia lo guardava e dalla dolcezza con cui lo accarezzava. Mi diceva: “guarda quanto è bello, sembra un angelo, sembra Gesù bambino”. E continuava ad accarezzarlo. Una scena che non ho più dimenticato.

Questo ricordo mi è ritornato alla mente quando oggi ho letto che il giudice Moylan, della Corte di Appello delle Royal Courts of Justice di Londra, ha detto che “la realtà è che quasi tutto il cervello di Alfie è stato eroso, lasciando solo acqua e liquido spinale cerebrale”. Sono parole orrende perché lasciano trasparire quanto il concetto di persona, la sua dignità, sia stata ridotta alle sue sole funzioni materiali, valutate secondo parametri puramente sanitari e salutistici. Chiara espressione di una velenosa concezione della vita. Ed è per quella grave menomazione fisica che è stato respinto il ricorso in appello avanzato dai genitori di Alfie, e confermato il giudizio precedente secondo cui è nel migliore interesse del bambino l’interruzione della ventilazione, ovvero la morte per asfissia.

Da questa riduzione della persona discendono poi tutta una serie di assurdità concettuali e giuridiche. Come quella secondo cui non sarebbe opportuno spostare in ambulanza il bambino in quanto così facendo si aumenterebbe il rischio di convulsioni. Certo, potrebbe anche accadere questa evenienza, ma di contro si avrebbe la morte per asfissia decretata per legge. Un’altra assurdità sarebbe quella che la Corte non ha ravvisato la violazione di alcun principio dell’Habeas Corpus, cioè non vi sarebbe stato un vero e proprio sequestro di persona nell’ospedale, semplicemente perchè sarebbe la gravità della malattia ad impedire lo spostamento del bambino. I giudici sono tranquilli con la loro coscienza e con il rispetto della legge perché la decisione di staccare la spina sarebbe dettata dal “‘gold standard’ che in questo caso è rappresentato dal benessere del bambino” (sic!!!!).  Infine, ultima ma non meno importante assurdità, la sentenza ha decretato che i desideri dei genitori non sono determinanti. E ciò perché il bambino sarebbe rappresentato da un guardiano indipendente (figura del diritto che rappresenta gli interessi di una persona) che è d’accordo con le determinazioni prese dall’ospedale Alder Hey, ovvero quelle di interrompere la ventilazione perché nel miglior interesse di Alfie. Questa, oltre che essere una assurdità, è anche l’espressione di una grande disumanità, perché  i desideri, le determinazioni, l’amore dei genitori per il bambino che hanno messo al mondo non possono essere annullati e rimpiazzati dai voleri di una fredda figura giuridica, il guardiano, che pretenderebbe di parlare del e rappresentare il “maggior interesse di Alfie”. Questa assurdità giuridica dello Stato padrone è stata smascherata dalle semplici e chiare parole di Tom Evans: «Lo Stato non è proprietario di mio figlio».

Questa è l’apoteosi della assurdità e della irrazionalità dei tempi attuali, un’epoca piena di buoni sentimenti ma povera di ragione e di ragioni.

Deve essere chiaro, come ha detto papa Francesco domenica scorsa al Regina Coeli, Alfie ha diritto di essere accompagnato nella malattia con assistenza compassionevole, evitando qualsiasi forma di eutanasia anche indiretta.

Molti hanno dimenticato che la carità cristiana ha dato vita nei secoli passati agli ospedali degli incurabili, riflesso reale e visibile della tenerezza di Dio con cui gli uomini si sentivano guardati e toccati, soprattutto nella sofferenza. Ora, invece, siamo capaci al massimo di creare gli “obitori degli incurabili”. Prima, nel volto sofferente del malato, anche e soprattutto se incurabile, si scorgeva il volto sofferente di Cristo, ora, invece, nel volto sofferente del malato, soprattutto se incurabile, si vede il nulla che si vuol cancellare, lo scandalo della sofferenza che fa orrendamente paura, il limite umano che ci ricorda che siamo dipendenti in tutto, dipendenti in tutto come lo è un bambino nei confronti della sua mamma e del suo papà.

In questa pazzia giuridica, in questo incubo umano, come devono sentirsi un padre ed una mamma davanti ad una sentenza di una cosiddetta corte di giustizia che esprime un verdetto che ha tutto il sapore di una sentenza capitale “amorevolmente” comminata al loro povero bambino, il quale ha avuto la sola sventura di essere stato colpito da una grave malattia, neanche diagnosticabile.

Sono verissime le parole di Tom Evans, padre del piccolo Alfie, quando dice: «Per Alfie abbiamo rinunciato a tutto nella nostra vita e siamo stati felici di farlo. Anche se non fa quello che fanno gli altri bambini, Alfie compie la nostra vita. Il solo fatto di averlo qui con noi ci dà la forza di andare avanti, ci riempie la vita. È la cosa più bella di tutto l’universo. Non esiste nessuno come Alfie Evans».

Non posso infine non menzionare quello che scriveva una mamma di tre bambini, uno dei quali gravemente malato:Infine, voglio ringraziare te, Alfie. Un tale bellissimo, piccolo, giovane, innocente e pacifico bambino che ci costringe a ripensare a ciò che conta nella vita, a ciò che significano amore e compassione, a ciò che significa essere padre e madre. Tu hai tirato fuori il meglio dai tuoi genitori, li hai resi un padre (e che padre!) e una madre (e che madre!). Tu ci stai rendendo persone, ci stai rendendo umani. Tu ci mostri cosa sia l’amore, che una persona può essere amata non per quello che fa, ma perché esiste! Tu stai facendo in modo che i tuoi genitori mostrino così chiaramente come Dio, come Padre, ci ama anche se siamo malvagi, fino alla fine, donandoci il Suo Figlio per noi. Tu ci mostri il volto puro di Dio”.

Speriamo e preghiamo che questa vicenda amara e disumana si risolva per il meglio, che accada ciò che allo stato delle cose sembra inimmaginabile, un miracolo, ovvero che il piccolo Alfie sia accompagnato secondo la volontà ed il disegno di Dio.

 

 

Facebook Comments
Print Friendly, PDF & Email