Terra, pianeta

 

 

di Gianni Silvestri

 

Nel V° anniversario della Laudato Si’, (LS) occorre ben riflettere per evitare quel tipo di riduzioni ambientaliste che ricordano S. Francesco solo per il suo colloquio con il lupo o con gli uccelli, dimenticando la profondità del suo amore per Cristo e per il fratelli che costituiscono la cifra della sua vita.
Per fare ciò è bene affrontare la II enciclica di Papa Francesco con alcune premesse ermeneutiche per evitare letture riduzionistiche o condizionate dai media sempre alla ricerca di “sensazionalismi”.

1) la nuova Enciclica non sostituisce, ma «si aggiunge al Magistero sociale della Chiesa»: nella LS si precisa che «L’ecologia integrale è inseparabile dalla nozione di bene comune» (LS 156), uno dei principi guida della Dottrina sociale della Chiesa (DSC). Il bene comune è un principio cardine, utile anche per valutare il fine ultimo di ogni azione politica e la coerenza di chi si impegna in essa.

2) l’enciclica va letta nella continuità del magistero precedente della Chiesa, senza farsi prendere “dall’ermeneutica della rottura” che tanti (dopo il Vaticano II) vorrebbero evidenziare nella Chiesa, quasi ad ogni cambio di papa. Le interconnessioni tra ambiente naturale e società erano state già esplicitate nella ”Caritas in veritate” di Benedetto XVI.

3) La LS condivide la prospettiva ultraterrena della vita della Chiesa (anche quando si occupa di temi contingenti come l’ecologia), per cui il suo valore non è certo rappresentato dalle osservazioni e proposte di natura contingente, che pure non mancano, ma dal filo conduttore che unisce il creato con il suo Creatore. Ciò premesso:
Nella I parte il Papa elenca i vari problemi ambientali che non appaiono la parte fondante e magisteriale dell’enciclica, soggette come sono alle diverse valutazioni e possibili modifiche degli studi in corso. Queste emergenze ambientali – pur essendo state predilette da certa stampa ambientalista – costituiscono solo un punto di partenza per alzare lo sguardo e non fermarsi al tecnicismo, sempre in evoluzione, delle possibili soluzioni. Infatti la LS precisa:  “ Non si può sostenere che le scienze empiriche spieghino completamente la vita, l’intima essenza di tutte le creature e l’insieme della realtà. Questo vorrebbe dire superare indebitamente i loro limitati confini metodologici. Se si riflette con questo quadro ristretto, spariscono la sensibilità estetica, la poesia, e persino la capacità della ragione di cogliere il senso e la finalità delle cose (n.199)”.

Infatti la II parte di LS allarga lo sguardo “al Vangelo della Creazione”.
La vita ha sguardo non solo operativo, ma contemplativo, capace di cogliere la realtà come mistero che non si può dominare: «Il mondo è qualcosa di più che un problema da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode» (n. 12)

L’essere umano ha il compito di «“coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr Gen 2,15)», sapendo che «lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio».

La III parte affronta La radice umana della crisi ecologica.

il Papa analizza le cause profonde del degrado ambientale. La denuncia è soprattutto per la logica «usa e getta» della “cultura dello scarto” oggi imperante. Le competenze tecniche, osserva il Papa, conferiscono a «coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero». «Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica», impedendo di riconoscere che «il mercato da solo non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale».  Papa Francesco al n. 119, acutamente precisa: «la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità». Ecco perché è necessario attuare una ecologia integrale affrontata nella IV parte: (che va letta in continuità con la più specifica “Ecologia umana” già evidenziata da S. Giovanni Paolo e Benedetto XVI). E’ l’uomo il punto di partenza della più ampia Ecologia integrale, innanzitutto per la sua origine divina, ma anche per l’importanza, qualitativa e quantitativa, della sua presenza del mondo.

“Quando il pensiero cristiano rivendica per l’essere umano un peculiare valore al di sopra delle altre creature, dà spazio alla valorizzazione di ogni persona umana, e così stimola il riconoscimento dell’altro… .. la dimensione sociale dell’essere umano e la sua dimensione trascendente, la sua apertura al “Tu” divino. Infatti, non si può proporre una relazione con l’ambiente a prescindere da quella con le altre persone e con Dio”.(LS 119).
Questa ecologia umana integrale precede e guida ogni altro giudizio e scelta: “….non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano…quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà: « Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono» (LS 120).
Oltre alla vita nascente, questa ecologia umana deve guidare ogni scelta, morale, scientifica, tecnica.  “D’altro canto, è preoccupante il fatto che alcuni movimenti ecologisti difendano l’integrità dell’ambiente, e con ragione reclamino dei limiti alla ricerca scientifica, mentre a volte non applicano questi medesimi princìpi alla vita umana. Spesso si giustifica che si oltrepassino tutti i limiti quando si fanno esperimenti con embrioni umani vivi. Si dimentica che il valore inalienabile di un essere umano va molto oltre il grado del suo sviluppo. Ugualmente, quando la tecnica non riconosce i grandi princìpi etici, finisce per considerare legittima qualsiasi pratica. Come abbiamo visto in questo capitolo, la tecnica separata dall’etica difficilmente sarà capace di autolimitare il proprio potere (LS 136).

Nella V parte, si passa alle linee di orientamento ed azione:
La Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, né di sostituirsi alla politica, ma il Papa invita «ad un dibattito onesto e trasparente, perché le necessità particolari o le ideologie non ledano il bene comune» in quanto spesso le autorità politiche hanno sottovalutato la questione. (Segue un’ampia casistica di approccio socio-ambientale con relativi suggerimenti, anche pratici, che per spazio non è possibile analizzare compiutamente).

Nella sesta parte “Educazione e spiritualità Ecologica”
Si propone di coinvolgere tutti gli ambiti educativi, «la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi» per  «puntare su un altro stile di vita», con la possibilità di «esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale».  Persino le scelte dei consumatori possono «modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione».

In conclusione due significative preghiere in quanto ogni nostro sforzo si affida a Dio ed ha bisogno del Suo aiuto.


Chiaramente, condensare circa 200 pagine in 4 determina il rischio di eccessiva semplificazione, ma la bellezza dell’enciclica è lo sguardo ampio sull’essere umano che resta il fine e la principale risorsa della difesa dell’ambiente.
Una enciclica ampia, che ripropone l’attenzione al creato come tappa per ricercare il suo Creatore sul noto invito di Basilio Magno (nota 172); ma i media hanno “filtrato” questo scritto  sulla base dei luoghi comuni dell’ambientalismo superficiale per cui nel sentire comune, spesso l’enciclica è l’icona del luogo comune di una natura  originariamente buona ed innocente che noi uomini stiamo distruggendo. Questa riduzione banale, adatta ad un servizio di 1 minuto nei TG, dimentica che per la Chiesa, per papa Francesco e per tutti i cristiani il tema dell’ambiente e del creato è molto più profondo di qualsiasi moda ecologista, in quanto:

1) Il principale soggetto non è certo una fantomatica Madre terra,  ma Dio Creatore che per Amore ha creato il mondo e l’uomo. Siamo quindi parte di un disegno più grande.
(Per inciso, per il cristiani la vera Madre è Maria, non certo uno dei tanti pianeti inanimati dell’universo, sia pure il nostro).

2) L’uomo è la principale creatura di DIO,  non un prodotto di una biologia anonima: non siamo figli del caso o “della scimmia”, ma creature volute, nelle quali Dio ha posto la sua speranza ed il suo amore, tanto da crearci “ a Sua immagine e  somiglianza”.

3) L’uomo è stato “animato da Dio” , ha ricevuto un’anima ed un destino immortale ed è il vertice della creazione. Il punto di partenza per una corretta ecologia umana è considerare l’essere umano nella sua interezza, non solo creatura biologica, ma come essere con una coscienza spirituale e di un anima immortale.

4) Di conseguenza, la vita umana non può essere ridotta alle pur necessarie esigenze materiali; le aspirazioni umane non possono esaurirsi nelle pur giuste esigenze di ri-creare una terra pulita, un ambiente salubre; saremmo parziali ed elimineremmo la parte migliore di noi: il destino eterno a cui siamo stati chiamati. Una vera ecologia umana quindi è quella che cerca il rapporto con il Creatore, il respiro profondo di ogni essere umano, la sua spiritualità. Per questo l’essere umano, pur apprezzando il creato e le bellezze della vita, non trova in esse il pieno appagamento perché egli “è fatto per Dio”. Agostino dopo aver passato parte della vita a ricercare piacere e felicità nelle creature, si accorge che questo non gli basta perché noi siamo stati fatti per il Creatore e solo il Lui la nostra nostalgia di felicità troverà appagamento.(QUI).

5) Per questa unicità, l’uomo non può essere ridotto al suo dato biologico, “ad animale tra animali”: non siamo paragonabili  “a zanzare & C.” , ma siamo esseri spirituali, con origine divina e con un destino eterno. Di conseguenza la vita umana e la sua tutela, hanno precedenza gerarchica sui temi di altre specie animali o vegetali; i drammi della fame, dell’aborto, del sottosviluppo e di ogni altra emergenza umana non possono essere dimenticati o subordinati alle mode, alle tendenze mediatiche, al politicamente corretto ecc. proprio per rispetto all’originario disegno della Creazione.

Non vi è chi non veda la enorme distanza tra questa concezione umana integrale ed un certo ambientalismo del mondo che prescinde dalla dimensione soprannaturale e si limita a quella naturale in cui l’ambiente diventa fine a se stesso, da contenitore diviene contenuto, quasi più importante della vita umana e del nostro “destino finale” ultraterreno.
Il nostro pianeta da temporanea “pista di lancio per il cielo”, non può ridursi ad obiettivo ultimo della vita: questo “Autogrill-terrestre” è invece una semplice tappa nel nostro più importante viaggio verso l’eternità e  non può diventare la meta stessa del cammino:
ne perderemmo tutti.

In pace

 

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