Papa-Francesco-nellauto

 

 

di Mattia Spanò

 

“Aprire le porte a chi è fuori dalla Chiesa”, “la vicinanza è lo stile di Dio”, “ascoltare è più di sentire”, “rendiamo grazie a tutto il popolo di Dio”. Queste le intenzioni di preghiera espresse da papa Francesco in un breve video della Rete Mondiale di Preghiera del Papa dal titolo “Per una Chiesa aperta a tutti”, in occasione del Sinodo sulla Sinodalità in corso.

Non c’è dubbio che questo papa sappia parlare a tutti, nel senso che tutti capiscono il senso di quello che dice e chiunque si può divincolare nelle maglie larghissime delle sue sentenze: “Camminare tutti insieme nella stessa direzione”.

Conviene astenersi dal precisare chi siano “tutti” e quale sia la “direzione”: si suppone, ma è appunto un’attribuzione di intenzioni, che siano gli “uomini di buona volontà” diretti al bene che Dio, nella Sua infinita misericordia, ha preparato per loro.

I più interessati a queste formule panoramiche – quattro gatti spelacchiati, fra i quali noi – colgono perfettamente l’intenzione ribadita dal pontefice di “andare avanti” nonostante critiche, divisioni e problemi, e al tempo stesso rispondere alle osservazioni mosse. Una risposta che suona come “non ti curar di loro, ma guarda e passa”.

Quell’aprire le porte a chi è “fuori dalla Chiesa”, in particolare allude forse al fatto che le porte siano tuttora chiuse, specie a omosessuali e donne – queste ultime nei posti di governo – ma anche in senso lato a chiunque sia fuori. Omosessuali e donne che sono i portabandiera la categoria degli esclusi, appunto i “chiusi fuori”.

Esaurite le categorie umane, come gli Stati sono pervenuti a codificare improbabili “diritti degli animali” frutto di proiezioni psichiche (se ci siamo inventati Dio, si possono ben postulare animali senzienti), una prossima fuga in avanti di Santa Madre Chiesa nell’arcano mondo della spiritualità faunistica non è improbabile. Nella Laudato Sii sono già presenti elementi in questo senso.

A proposito di bestie, anche feroci. Osservando le chiese medievali, in particolare gotiche ma anche nel romanico, si notano i gargoyles, statue con l’aspetto di animali mostruosi, in genere simili alle chimere, che avevano il compito di tenere lontani gli spiriti immondi. Che stavano per l’appunto fuori.

Cancellati retaggi medievali e liturgia in latino incomprensibile ai fedeli, prendendo tutti in contropiede Paolo VI parlò di “fumo di satana” che si era introdotto nella Chiesa, sette anni dopo la chiusura del Concilio. Fumo entrato dall’esterno.

Disse il papa in quell’occasione: “Crediamo in qualcosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico, e per impedire che la Chiesa prorompesse nell’inno della gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sé. Appunto per questo vorremmo essere capaci, più che mai in questo momento, di esercitare la funzione assegnata da Dio a Pietro, di confermare nella Fede i fratelli. Noi vorremmo comunicarvi questo carisma della certezza che il Signore dà a colui che lo rappresenta anche indegnamente su questa terra”.

Quella del 29 giugno 1972 fu un’omelia drammatica, di un uomo estremamente sensibile al peccato e ai limiti delle capacità umane, che aveva concluso un Concilio travagliato e poteva osservarne i primi riverberi con preoccupazione e dolore.

Dopo nove anni di pontificato, è chiaro a tutti che papa Francesco sia animato da una sensibilità molto diversa. Con una sintesi brutale e forse imperfetta (ma non ingiusta), la salvezza viene da fuori. L’idea della “Chiesa in uscita” non è coerente con l’ “aprire le porte” non a Cristo, come invocava Giovanni Paolo II, ma a “chi è fuori”.

Legando i due concetti – Chiesa in uscita, aprire le porte – si potrebbe pensare che i cattolici debbano uscire, e i non cattolici debbano entrare. Non è una battuta: la Chiesa è uno spazio definito. Come si conviene a qualunque spazio sacro.

Questa disarticolazione pone un problema statico che mette in pericolo la tenuta dell’edificio: chi è veramente dentro, chi è fuori? Secondo papa Francesco, par di capire, nessuno in particolare. Nessuno può dirsi pienamente “dentro”, e nessuno definitivamente “fuori”.

Anzi: coloro che sono dentro, sono spesso oggetto di rimproveri piuttosto salaci – c’è chi li ha raccolti in un divertente inventario – mentre chi sta fuori è oggetto di un credito di simpatia indiscriminato. La Chiesa è non un approdo ma un punto di passaggio, una stazione di posta dove rifocillarsi prima di proseguire il “cammino insieme”.

Oggi, chi è fuori da un luogo è perché ci vuole stare. Un tempo le chiese, e soprattutto i monasteri, erano dei rifugi in un mondo freddo, buio e pericoloso: Lutero ripara in un monastero dopo aver ucciso un uomo, scampando così alla stessa sorte della sua vittima. Stesso luogo sceglie il Sodoma, che (narra una leggenda) trova riparo dai parenti inferociti di alcuni giovani da lui attenzionati, i quali volevano privarlo della fatica di vivere. Siamo nel 1500.

Restando in tema di pratiche omoerotiche e pedofile, risale al 1051 il Liber Gomorrhianus di San Pier Damiani, in cui il santo raccoglie e descrive l’infestazione di queste all’interno della Chiesa, soprattutto da parte dei sacerdoti. Questi rapidissimi cenni a mostrare che molti argomenti e patologie che affliggono la Chiesa che noi crediamo scoperte recenti, sono in realtà vecchi come il cucco.

Tornando all’argomento cardine: nell’ultimo secolo, il mondo si è popolato di “chiese” dove gli uomini di buona volontà trovano accoglienza – dalle intemperie, perché il peccato da contro natura si è trasformato in “contro la Natura”. Anche su questo, papa Francesco dimostra di avere convinzioni molto radicate nella sua mente. Magari inaspettate e sorprendenti, ma radicate.

Non può passare inosservata nemmeno una seconda aporia – molto concreta sia sul piano materiale che spirituale – riguardo questa Chiesa dalle porte aperte: il fatto che negli ultimi tre anni le chiese siano state chiuse, i sacramenti impediti (anche quelli esterni come l’estrema unzione, particolarmente urgente in tempi di pandemia), gli accessi contingentati o addirittura negati a persone sprovviste di green pass, cioè individui incapaci di “atti d’amore”, secondo l’ormai celebre pronunciamento pontificio.

Pronunciamento ribadito ad un anno esatto di distanza, come a sgombrare il campo dall’idea che fosse un monito legato all’emergenza. No: il papa crede che ci salveremo insieme per via vaccinale a prescindere.

Lo stesso papa, nel tentativo di andare incontro ai fedeli, giustificò il differimento della confessione dal momento che “non si trova un prete”. Per la verità, in quell’esatta circostanza – il 20 marzo 2020 – non si trovò nemmeno il papa: la celebrazione prevista in occasione delle 24 ore con il Signore fu appunto annullata. Seguirono altri annullamenti sparsi.

Al di là di come ognuno possa pensarla, mi sembra ci sia un dato significativo in questa fase storica della Chiesa.

Per la prima volta nella sua storia bimillenaria, un papa compie due operazioni unite e distinte: da una parte lega le sorti della Chiesa al proprio sentire – non c’è ombra, in Francesco, del senso di “indegnità” nel confermare i fratelli nella fede sofferto da Paolo VI, piuttosto una spesso ilare e vagamente fatalista fiducia nelle circostanze.

Dall’altra slega le sorti del magistero attuale dai precedenti e forse successivi – per limitarci ad esempi citati, non c’è nemmeno ombra di aprire, anzi spalancare le porte a Cristo, piuttosto a “chi sta fuori”. Il popolo in cammino al quale rendere grazie, più che Dio o comunque insieme a Dio.

Non spetta certo a me stabilire se questo sia un bene o un male. Sul piano storico ed ecclesiale, nemmeno al papa o a chiunque altro. È Gesù che conduce la barca: questo credono i cattolici. È lecito dubitare che lo credano gli altri, e che perciò questo “cammino insieme” si completi anche sul piano della fede.

Non sono sicuro che ciò che la gente crede interessi nemmeno al papa, il quale sembra convinto che il Padreterno sia un ex machina in grado di ricomporre l’unità dalla tragedia del caos. Speriamo che abbia ragione, e tanti fatti e protagonisti possano essere presto dimenticati.

 


 

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