Ascensione del Signore (Anno A)
(At 1,1-11; Sal 46; Ef 1,17-23;10,19-23; Mt 28,16-20)
di Alberto Strumia
– Nella prima lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, l’Ascensione del Signore è semplicemente descritta, così come fu osservata da loro, come un dato di fatto: «Una nube lo sottrasse ai loro occhi». E quasi meraviglia il richiamo un po’ “brusco” dei «due uomini in bianche vesti» – due Angeli? – misteriosi quanto il salire di Cristo verso il cielo, in alto, fino a scomparire: «Perché state a guardare il cielo?». Verrebbe da obiettare: ma che cos’altro potevano avere avuto modo di fare, senza avere avuto neppure il tempo di riprendersi da quello che avevano appena visto? Era tutto reale o era solo apparente?
Ci volle la Pentecoste, lo Spirito Santo, e il tempo della storia della Chiesa per rendersi conto del senso vero di quell’Ascensione del Maestro verso il Cielo. Per capire che in quanto era accaduto c’erano insieme un aspetto di “apparenza” e uno più vero di “realtà”.
= L’apparenza. In effetti, l’elemento di “apparenza” sta dietro l’espressione «lo sottrasse ai loro occhi». Solo ai loro occhi il Signore scomparve, fu sottratto all’umanità e a quella che incominciava a configurarsi come “la Chiesa”. La presenza dell’uomo individuo Gesù Cristo era stata loro sottratta nella Sua “visibilità” di essere umano “singolare”, localizzato in un solo “luogo” della terra, in una città sola per volta, con la necessità di spostarsi fisicamente da un posto ad un altro. Quasi una sorta di autolimitazione decisa dalla logica dell’Incarnazione del Verbo in un singolo uomo.
= La realtà era diventata un’altra. Nell’Ascensione si nasconde e al tempo stesso si rivela il passaggio dalla modalità “individuale” di Cristo nella storia dell’umanità, alla modalità “universale” che doveva realizzarsi attraverso la “missione” della Chiesa («Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni», Mt 28,19) e la forza dei Sacramenti, e principalmente dell’Eucaristia, nella quale Egli si rende presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, ovunque ci sia un’ostia consacrata. Con la Pentecoste, lo Spirito Santo fa capire agli Apostoli e, lungo i secoli, alle generazioni successive dei cristiani, il significato della promessa del Signore: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Si tratta di una presenza realmente fisica, non limitata al ricordo, al sentimento, alla volontà di non dimenticare…
– Se l’Ascensione non fosse il passaggio ad una modalità di presenza più universale del Signore, che senso avrebbe rallegrarsi per il Suo scomparire nel Cielo? Che senso avrebbero le parole del salmo responsoriale: «Acclamate Dio con grida di gioia» che si leggono nella liturgia di oggi?
– Non è forse questo lo «spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di Lui; [che] illumini gli occhi del vostro cuore» del quale parla san Paolo, nella seconda lettura, richiesto «per farvi comprendere» il valore di questo passaggio dalla modalità “singolare” a quella “universale” di Presenza del Signore nella storia dell’umanità? Così che secoli dopo quell’Ascensione, Charles Péguy, in riferimento alla Presenza di Cristo nell’Eucaristia, potrà scrivere con la lucidità della fede: «Egli è qui, è qui come il primo giorno!» (Il mistero di Giovanna D’Arco).
– Il Vangelo accosta, uno immediatamente vicino e successivo all’altro, due atteggiamenti degli Apostoli, che possiamo considerare “profetici” di ciò che sarebbe accaduto poi nel corso della storia dell’umanità e della Chiesa.
= Il primo fu l’atteggiamento di “adorazione”: «Quando lo videro, si prostrarono».
Sembra di riconoscere ciò che accadde nella storia dell’umanità, nei “secoli della fede”, nei quali il cristianesimo fiorì, estendendosi in ogni parte del mondo, divenendo il riferimento di base di ogni forma di cultura e di civiltà.
= Il successivo atteggiamento fu quello del “dubbio”: «Essi però dubitarono».
E quando si dubita di qualcuno significa che, in quel preciso momento, si è persa la fiducia in lui, si è persa la fede. È la profezia dei nostri ultimi secoli, e dei nostri anni, nei quali, questo “dubbio” si è fatto progressivamente sempre più strada, fino alla negazione della fede, e oggi fino alla pressoché completa dimenticanza e ignoranza di chi sia realmente Cristo, di chi sia realmente Dio. E questo è avvenuto, prima al di fuori della Chiesa, poi ultimamente, dentro la Chiesa stessa, al punto che non ci se ne accorge nemmeno più: è l’apostasia da Cristo e dalla fede. Ma il Signore lo aveva detto, a suo tempo: chi si comporterà così, fino a perseguitare, «crederà di rendere culto a Dio» (Lc 16,2).
– Infine, ritornando alla prima lettura, i misteriosi personaggi-Angeli, che si rivolgono agli Apostoli, ancora incantati a guardare il Cielo, nel quale non si vede più, neppure come un puntino, il Maestro, dicono che alla fine il Signore «verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo». Colpisce questo allo stesso modo, che anticipa un ritorno finale di Cristo nella storia, nuovamente nella sua individualità di uomo singolo.
Nel frattempo, lungo i secoli della storia che cosa si deve e si può fare per prepararsi a questo ritorno finale, per vivere cristianamente la propria esistenza qui sulla terra, in vista di quella definitiva nell’Eternità?
La lettura lo dice nella semplice frase: «fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli Apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo». Se Lui, il Signore, ha dato delle disposizioni da seguire per il buon esisto della vita terrena di ciascuno, e della Chiesa intera – essendo queste disposizioni date «agli Apostoli» – occorre seguirle! E non inventarne delle altre diverse, dei nuovi paradigmi che, essendo solo umani, non salvano nessuno e finiscono per danneggiare chi se ne lascia adescare. Non è forse abbastanza chiara l’indicazione?
La Vergine Maria è stata la prima, insieme al suo sposo Giuseppe, a seguire le “disposizioni” che il Signore diede ad entrambi su ciò che si doveva fare per assecondare il piano di Dio in ordine all’Incarnazione e alla Salvezza dell’umanità, che avrebbe riaperto l’accesso alla “giustizia originale” tra l’uomo e Dio Creatore, abbandonata con il “peccato originale”.
In questo mese di maggio dedicato a Maria – e in particolare in questa settimana, qui a Bologna, venerata nell’icona nota come Madonna di san Luca – rinnoviamo la nostra consacrazione a lei, per essere protetti, in particolare in questo momento di grave disastro sul nostro territorio, e guidati nel cammino della nostra vita, così da essere pronti ad accoglierlo, dalla terra o in Cielo, quando ritornerà allo stesso modo.
Bologna, 21 maggio 2023
Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari.
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