di Un sacerdote
Carissimo Sabino
sulla scorta della mia ultima lettera in cui disquisivo sulle recenti vicende cielline e stimolato dalla lettura di due articoli di The Wanderer ripresi dal blog di Aldo Maria Valli, volevo aggiungere una considerazione sui motivi che hanno portato a suo tempo alla creazione in CL di quella sorta di “carronismo” in forza del quale ci si è sentiti autorizzati a stravolgere il metodo ciellino originario di don Giussani.
Gli articoli parlano in sostanza del fatto che da molto tempo ormai si è instaurata nella Chiesa una ecclesiologia del potere in forza della quale il papa sembra poter mutare de potentia absoluta il contenuto della Tradizione e governare appunto la Chiesa a mo’ di sovrano assoluto così che, come il Minosse di dantesca memoria, “giudica e manda secondo ch’avvinghia” (Inferno, V).
Cito da uno dei due articoli quello che mi interessa: «Questa ecclesiologia del potere, che è andata via via crescendo, ha consentito non solo i cambiamenti liturgici operati in nome del Concilio Vaticano II, ma anche un’effusione di autoritarismo assolutamente impensabile nei primi quindici secoli della Chiesa. Il papa per i vescovi è tutto, e infatti vediamo come Francesco li espelle pro ratione voluntas dalle loro diocesi (e non illudiamoci pensando che questo dipenda solo alla malvagità di Bergoglio: san Pio X espulse con le stesse modalità un terzo dell’episcopato italiano) oppure, come nel caso di monsignor Rey, vieta loro di ordinare sacerdoti. Analogamente, il vescovo è tutto per i suoi sacerdoti, e infatti abbiamo casi recenti, come quello di monsignor Taussig a San Rafael, o come quello di tanti vescovi nel mondo che perseguitano i loro sacerdoti per il fatto, ad esempio, di dare la comunione in bocca. E, sempre in base allo stesso schema, il parroco è tutto per i vicari, e faremo meglio a non addentrarci in queste paludi. E i sacerdoti sono tutto per i fedeli, che non hanno nemmeno il diritto di esprimere la loro opinione, perché il loro ruolo è semplicemente quello di obbedire, dare la questua settimanalmente, aiutare a spostare i banchi del tempio e rimuovere le ragnatele […] Da ancella della verità al servizio dei membri della Chiesa, l’autorità ne è divenuta la proprietaria. E il papa non è più l’interprete fedele della tradizione, ma è diventato un oracolo capace di cambiare il carattere stesso della Chiesa» (L’ecclesiologia del potere. Così è nata e così si è impossessata della Chiesa, leggi qui).
Applichiamo adesso queste considerazioni all’esperienza di CL: per i ciellini devoti Carron è stato, e per molti rimane, temo, un principio totalizzante assolutistico in forza del quale, e secondo il principio nominalistico e irragionevole del pro ratione voluntas, qualsiasi sua interpretazione / stravolgimento del carisma era (è) considerata giustificabile. Credo (la cosa andrebbe approfondita) che questa ecclesiologia del potere abbia influenzato sia l’errata riflessione sulla natura del carisma fondazionale, sia delle conseguenze operative che ne sono scaturite. Che ne pensi? Come sempre, carissimi saluti e sempre grazie del tuo splendido impegno. In Cristo.
P.S. Mi si potrebbe ribattere che l’ecclesiologia del potere che si è instaurata nella Chiesa sta per essere ribaltata dalla ecclesiologia del sinodalismo su cui tanto si dibatte e lavora, ma forse non ci si accorge che il sinodalismo (aldilà delle intenzioni papali), almeno nelle avvisaglie che si stanno evidenziando (v. in Germania ma recentemente in Australia e credo che lo stesso trend sarà analogo in molte altre conferenze episcopali del mondo), non è altro che una frittata rivoltata, nel senso che adesso questa ecclesiologia del potere eserciterà magari il suo influsso a partire più dalla base che dal vertice, ma sempre sarà una visione ideologica devastante che altro non farà che aumentare nella Chiesa il caos che sta stravolgendo la sua natura di Una Santa, depositaria della Verità di Cristo e di Dio. In ogni caso se vescovi e sacerdoti stanno molando il pallino, non mi sembra che il papa voglia fare altrettanto, salvo operazioni di facciata. Emerge di fronte a tutto questo pandemonio (sic!) la saggezza teologica di Benedetto XVI, citato nel secondo articolo a cui ho fatto cenno: «Il Papa non è un monarca assoluto il cui pensiero e volere sono legge”. E mentre era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, scrisse: “Il Papa non è un monarca assoluto la cui volontà è legge. Piuttosto, è il custode della Tradizione autentica e quindi il primo garante dell’obbedienza. Non può fare ciò che gli viene in mente e, in questo modo, è in grado di opporsi a coloro che, dal canto loro, vogliono fare ciò che gli viene in mente. Le sue regole non sono quelle del potere arbitrario, ma quelle dell’obbedienza nella fede” (Prefazione al libro di Alcuin Reid, The Organic Development of the Liturgy, Ignatius Press, San Francisco, 2004, p. 18.)» (Così la Tradizione è stata divorata dal Magistero, leggi qui).
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