Le polemiche di queste ore sul libro che contiene le riflessioni del Card. Sarah e di Benedetto sul celibato sacerdotale sembrano concentrarsi soprattutto su questioni riguardanti il diritto o meno del cardinale di aggiungere il nome del Papa Emerito alla pubblicazione. Questioni che sembrano voler distogliere dal tema che i due prelati hanno voluto affrontare: il celibato sacerdotale. Questo articolo di Ed Condon apparso oggi su Catholic National Agency prova ad analizzare le reazioni in questa luce.
Ecco l’articolo nella mia traduzione.
Annarosa Rossetto
Questa settimana, il Papa Emerito e il cardinale Robert Sarah pubblicheranno un nuovo libro in difesa del celibato sacerdotale.
Le reazioni al libro hanno aperto una profonda spaccatura tra i commentatori cattolici: alcuni sembrano opporsi per principio all’esistenza del libro, mentre altri sostengono che l’ex Papa e il cardinale stiano offrendo supporto alla linea di pensiero dello stesso Papa Francesco.
Pubblicato evidentemente come risposta diretta alla raccomandazione del documento finale del Sinodo sulla regione pan-amazzonica, che chiedeva l’ordinazione di alcuni uomini sposati per il servizio pastorale in aree remote, il libro è stato condannato furiosamente da alcuni commentatori, chiaramente ancor prima di averlo potuto leggere.
Lo storico e professore della Villanova University, Massimo Faggioli, hanno dato il via a una serie di risposte, suggerendo che per Benedetto scrivere un libro su una questione che è attualmente sulla scrivania del Papa “interferisce con un processo sinodale ancora in corso” e “minaccia di limitare la libertà dell’unico Papa. ”
Accanto a questa e ad altre reazioni simili, che dipingono il contributo del Papa Emerito come una implicita ribellione nei confronti dell’autorità del Papa, altri hanno insistito sul fatto che il Papa Emerito non è in grado di scrivere nulla a causa della sua età.
Contrariamente al racconto di coloro che lo vedono ogni giorno, commentatori come Austen Ivereigh hanno affermato che Benedetto è “cosciente per appena mezz’ora alla volta” e ha definito la pubblicazione del libro con il suo nome un “abuso sugli anziani “.
La gravità delle loro risposte alla stessa esistenza del libro, anche lasciando da parte il suo contenuto, sembra suggerire che qualsiasi cosa proposta da Benedetto verrà, di fatto, considerata da alcuni come una minaccia per l’autorità del suo successore e diventerà, come afferma Faggioli, una “forma illegittima di pressione” su Francesco.
Altri commentatori pontifici più ufficiali hanno offerto una prospettiva più cattolica sulla questione.
Il direttore dell’ufficio stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha rilasciato una dichiarazione in cui mette in risalto il pensiero di Papa Francesco sul celibato sacerdotale, rilevando che il Papa l’ha definita “un dono per la Chiesa” e che “non è d’accordo con il consentire il celibato come opzionale”.
Bruni ha anche osservato che il Papa ha parlato di spazi per considerare le eccezioni per il clero sposato nel rito latino “quando c’è una necessità pastorale”, come suggerito durante il sinodo amazzonico, ma ha anche ribadito l’impegno del Papa per il celibato clericale come norma nella Chiesa Latina.
Il responsabile ufficiale delle relazioni pubbliche pontificie, Andrea Tornielli, lunedì ha ripreso molti degli stessi punti in un editoriale.
“Ratzinger e Sarah – che si definiscono due vescovi in «filiale obbedienza a Papa Francesco» che «cercano la verità» in uno «spirito di amore per l’unità della Chiesa» – difendono la disciplina del celibato e adducono le motivazioni che a loro parere consiglierebbero di non cambiarla”, ha scritto Tornielli.
Non appare quindi, almeno dai canali ufficiali, nessuna indicazione di preoccupazione per una sovversione dell’autorità di Francesco – il libro, invece, sembra essere stato accolto per quello che gli autori sostengono che sia: semplicemente un contributo ad un dibattito in corso nella Chiesa.
Forse ciò a cui puntano le due reazioni è una spaccatura, non a favore o contro Papa Francesco, ma sui termini reali del dibattito che ora egli sta soppesando.
Il documento finale del Sinodo sull’Amazzonia – un testo che di per sé non ha alcun peso magisteriale – richiama notoriamente l’ordinazione sacerdotale di diaconi permanenti di provata fede per il servizio in regioni remote. C’è un dibattito sulla prudenza e l’efficacia di una tale eccezione pastorale in una regione sui generis come l’Amazzonia. Quelli con un più ampio quadro di riferimento hanno voluto far notare che lo stesso Benedetto ha sostenuto un allentamento della disciplina del celibato in alcuni casi limitati, come il clero ex-anglicano.
Ma potrebbe essere che la vera sostanza dell’opposizione a Benedetto e al nuovo libro di Sarah non sia rivolta all’eccezione ma alla regola stessa?
Molti all’interno e intorno al sinodo dell’Amazzonia hanno da tempo segnalato il loro desiderio di vedere una rivisitazione generale, se non addirittura l’abbandono, della disciplina universale del celibato sacerdotale nella Chiesa latina.
Ivereigh, per esempio, ha ammesso nel periodo precedente al sinodo amazzonico che mentre una possibile eccezione al celibato clericale nella regione potrebbe essere importante, “la faccenda più grossa è la reinvenzione ecclesiologica che consente di considerare tale possibilità”. Ha poi proseguito facendo notare che l’approvazione papale di questa idea dipenderà da una mancanza di evidenti controversie nella sua presentazione.
“Non vi è dubbio che se il Sinodo raggiungesse un tranquillo consenso sulla proposta di ordinare gli anziani per permettere un accesso continuativo ai sacramenti – il che è molto probabile – Francesco non rifiuterà”, ha scritto Ivereigh nel giugno dello scorso anno.
Ivereigh sembrava aspettarsi che i cambiamenti nel sinodo potessero portare a cambiamenti ovunque. Ha scritto che “Il sinodo si concentrerà risolutamente sull’Amazzonia, ma se la sua visione della riforma non avrà ripercussioni per il resto della Chiesa allora, dice López [Mauricio, il segretario esecutivo del REPAM], un’importante opportunità sarebbe stata sprecata: un’occasione per mostrare come le periferie della Chiesa possano modellare il suo centro. ”
“Ma”, ha osservato Ivereigh, “sembra improbabile che Papa Francesco lascerà che ciò accada”.
Inoltre, la questione del celibato sacerdotale è già stata discussa durante il “percorso sinodale vincolante” della Chiesa in Germania, un processo salutato da Faggioli come una nuova importante fase dello sviluppo postconciliare della Chiesa.
E il desiderio presente in alcuni settori di utilizzare l’eccezione amazzonica per porre fine alla norma universale sul celibato era stato già espresso pubblicamente.
Nel 2018, prima del sinodo amazzonico, il vescovo Franz-Josef Bode, vicepresidente della conferenza episcopale tedesca, affermava che se l’ordinazione di uomini sposati fosse stata autorizzata per l’Amazzonia, i vescovi tedeschi avrebbero insistito sulla stessa autorizzazione. Bode ha definito “ovvia” la necessità di estendere ovunque la stessa deroga.
L’opposizione al celibato e il desiderio di vederne la fine non si è limitato ad argomenti pratici o disciplinari.
Durante lo stesso sinodo amazzonico, il vescovo emerito Erwin Krautler ha ribadito il fatto che “gli indigeni non capiscono il celibato”. Krautler ha sostenuto essenzialmente che la disciplina della Chiesa – che per secoli è stata ribadita come testimonianza della vita eterna – non ha valore evangelico ed è qualcosa che “essi non possono capire.”
È l’attacco su più fronti alla disciplina universale della Chiesa che ha spinto cardinali curiali come Sarah, Ouellet, Filoni e Turkson, tutti noti per la loro forte lealtà personale a Papa Francesco, a intervenire a favore del valore del celibato sacerdotale al momento del Sinodo.
Collocate in questo contesto, le reazioni preventive più scandalizzate al libro di Sarah e Benedetto iniziano ad apparire sotto una luce diversa.
Mettere in discussione la capacità morale e fisica del Papa Emerito di partecipare ad una discussione nella Chiesa è un notevole cambio di registro delle reazioni rispetto ai precedenti interventi di Benedetto. L’anno scorso, quando il Papa Emerito pubblicò una lunga lettera sulla crisi degli abusi sessuali in vista del vertice di febbraio di Papa Francesco, Ivereigh lo definì “un contributo utile”.
“Sia il Papa che il Papa Emerito sono uniti nel difendere la libertà della Chiesa di essere redenta dalla misericordia di Dio e nell’opporsi a qualsiasi tentativo di riforma neo-donatista”, scriveva allora per la rivista America.
“Sono uomini molto diversi e papi molto diversi. Ma sui fondamentali, sembra che ci sia poca distanza tra loro.”
Alla luce di ciò, sembra probabile che non sia proprio l’idea di un contributo filiale da parte di Benedetto ciò cui si oppongono in linea di principio, ma che non riescano a tollerare che lui – o chiunque altro – sollevi un argomento serio a favore del celibato sacerdotale nei suoi propri termini.
Il desiderio, a quanto pare, non è quello di proteggere la libertà di Papa Francesco di prendere una decisione, ma di proteggerlo da coloro che – come il Papa Emerito – potrebbero aiutarlo a difendersi da chi voglia fargli prendere una certa decisione.
Il vero tentativo di limitare la libertà di Papa Francesco potrebbe in effetti provenire da coloro che vorrebbero fargli ascoltare solo alcuni aspetti di eventuali argomentazioni.
Nota del redattore (originale, n.d.t.): questo articolo è stato aggiornato per correggere l’ortografia di Austen Ivereigh. Ci dispiace per l’errore.
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