Non si sa se ridere o piangere quando si vedono certe copertine come quella della rivista Rolling Stone, quella con sottofondo la bandiera arcobaleno dei gay pride e la scritta: “Noi non stiamo con Salvini”, seguita dalla frase oscena: “Da adesso chi tace è complice”.
Non si sa se ridere o piangere perché questi signori esprimono plasticamente la loro nozione di democrazia, un ambito dove non si discute più rispettosamente, dove il dialogo ed il confronto delle idee è bandito, dove ci sono solo i buoni (loro) ed i cattivi, anzi i “pericolosi” (tutti gli altri), dove ci sono quelli che hanno sempre ragione (ancora loro) e quelli che hanno torto comunque, i belli (sempre loro) ed i brutti anatroccoli (gli altri), sempre neri, da mettere alla gogna.
Leggo dall’Editoriale di Rolling Stone, sentite che “poesia”:
“Fa male vedere, giorno dopo giorno, un’Italia sempre più cattiva, lacerata, incapace di sperare e di avere fiducia negli altri e nel futuro. Un’Italia rabbiosa e infelice. Fa ancora più male prendere atto che questa rabbia si è fatta potere. Non vogliamo che il nostro Paese debba trovare un nemico per sentirsi forte e unito. Per questo non possiamo tacere”.
“I valori sui quali abbiamo costruito la civiltà, la convivenza, sono messi in discussione. Ci troviamo costretti a battaglie di retroguardia, su temi che consideravamo ormai patrimonio condiviso e indiscutibile. I sedicenti “nuovi” sono in realtà antichi e pericolosi, cinicamente pronti a sfruttare paure ancestrali e spinte irrazionali. Dobbiamo opporci a chi ci porta indietro, a chi ci costringe a diventare conservatori. Not in my name, non nel mio nome, nel nostro nome”.
Che tenerezza ci fa certa gente che per mostrarsi trendy deve per forza stringere la bandierina dell’orgoglio gay e della pace, che per essere à la page spesso si mostra multiculturalizzata, multivitaminizzata, multimilionaria, multicolor, multibanca e multiconto. Mica come noi “popolino”, che ci accontentiamo della mono banca, del monolocale, del mono conto (è una battuta, ovviamente).
Quanta autoreferenzialità nell’affermare con prosopopea: “Da adesso chi tace è complice”. Ci chiediamo: ma complice di che cosa? Come se non stare dalla loro parte significasse commettere un reato, una lesa maestà, un atto di vigliaccheria, un atto di ignavia degno dell’inferno dantesco. Ve lo immaginate la Rolling Stone con la faccia arcigna e tenebrosa che scaraventa nell’inferno dantesco quei poveri artisti che, a suo dire, si sono macchiati della grave colpa dell’ignavia, semplicemente perché hanno osato rifiutare il suo appello? E come per gli ignavi di Dante, anche questi artisti, che nè il cielo nè l’inferno della cultura mainstream li vuole più, saranno condannati per l’eternità a correre nudi, tormentati da vespe e mosconi che rigano di sangue il loro corpo, calpestando per l’eternità un tappeto di vermi che si nutrono delle loro lacrime miste al sangue. E come avrebbe pensato Dante, la pena è più degradante che dolorosa. E Rolling Stone, nella sua maestosa giustizia, punterà il dito contro la loro meschinità, dicendo: “Questi sciaurati, che mai non fur vivi” (per la cultura pop, ovviamente).
Le due frasi dell’editoriale della Rolling Stone sono il sigillo di una certa sinistra radicale, così distante dalla gente comune, dai problemi della gente semplice, così solipsistica nel suo narcisismo pseudo culturale.
E dunque, se a loro sta bene il diritto all’aborto, noi ci teniamo stretta la tutela del diritto alla vita; se a loro sta bene la inesistente “famiglia” arcobaleno formata da due uomini e due donne, noi ci teniamo stretta l’esistente famiglia naturale, quella formata da un uomo ed una donna, aperta alla vita; se a loro sta bene lo sfruttamento del corpo della donna con l’utero in affitto, noi ci teniamo stretto il rispetto della dignità del corpo materno; se a loro sta bene la selvaggia immigrazione clandestina, noi ci teniamo stretta l’accoglienza verso tutti ma nel rispetto della dignità della persona e della legalità; se a loro sta bene la violenza nelle strade e la paura della gente, noi ci teniamo stretto il desiderio di camminare in tutta sicurezza per le vie delle città e di colloquiare con tutti, di qualunque nazionalità, religione e provenienza; se a loro sta bene quella stramba nozione di modernità di cui altezzosamente farfugliano, noi ci teniamo stretto quel che rimane della civiltà occidentale originata dal cristianesimo.
Si mettano pure l’anima in pace, a noi tutta questa loro arroganza ci fa un baffo!
di Sabino Paciolla
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