Se volete sapere a che punto siamo riguardo il ddl Zan sull’omofobia leggete e, soprattutto, guardate questo video.
(Se il video non si apre fare il refresh di questa pagina o cliccare qui)
di Lucia Comelli
Ieri ho assistito in diretta streaming ad una serie di interventi, molto interessanti, introdotti dalla moderatrice Federica Picchi, che facevano il punto sull’iter del ddl Zan.
Ad introdurre l’evento il giudice Alfredo Mantovano – vicepresidente del Centro studi Livatino – che ha brevemente illustrato la sostanza del testo unificato Zan: esso si propone di estendere le disposizioni della legge Mancino, e quindi punire chi realizza o anche semplicemente istiga ad atteggiamenti e atti di discriminazioni in base al sesso, l’identità di genere e l’orientamento sessuale (nonché organizza o partecipa ad associazioni che in qualche misura istigano a compiere siffatti reati).
Il magistrato ha solo accennato all’esistenza nel nostro C.P. di un’amplissima copertura legislativa per colpire adeguatamente questi reati (non vi è alcun vuoto normativo in merito nel nostro ordinamento) e ha solo menzionato la dimensione estremamente circoscritta di tali atti discriminatori (i dati ufficiali forniti dal Ministero degli interni smentiscono l’esistenza di una emergenza omofobica in atto nel Paese).
Quello che preoccupa di più – ha aggiunto – al di là di tutti gli approfondimenti che si possono fare di questo testo e che come centro studi abbiamo cercato di fare … è che esso rappresenta un vero e proprio capovolgimento della logica del diritto penale. Il diritto penale è fondato sull’esame di fatti concreti: davanti a me in udienza viene portato chi ha commesso una rapina e io sono chiamato a giudicare quella persona, non per quello ha fatto nel corso di tutta la sua vita … ma soltanto per quanto ha commesso rispetto al reato che gli viene contestato, cioè la tale rapina, commessa quel tale giorno, a danno di tale banca o ufficio postale. Se il ddl Zan riguardasse le rapine, verrebbe invece punita anche la semplice intenzione di rapinare una banca o l’istigazione a farlo.
“Il nostro ordinamento finora ha punito l’istigazione a delinquere, soltanto se poi il fatto si è concretamente verificato, in tal caso la mia incitazione alla rapina diventa perseguibile come concorso morale nella rapina che altri hanno commesso. Qui invece si processano le intenzioni: è questo al giudice umano è impossibile farlo (con equità)! Il giudice umano è chiamato ad interessarsi ai fatti, non alle intenzioni! Questo testo apre quindi ad un’amplissima discrezionalità operativa da parete dei giudici, anche per i quali vale il detto latino tot capita tot sententiae …” dice Mantovano.
Le stesse rassicurazioni in merito alla salvaguardia della libertà di pensiero fornite dai promotori del disegno di legge, non lasciano affatto tranquilli: se approvato dal Parlamento, il ddl Zan rischia di tradursi in una serie di pesanti discriminazioni nei confronti di chi pensa e si esprime in modo difforme dai suoi promotori.
Scrivi un commento